Migranti: pericolo o risorsa? Ne parliamo con il professore , varesino, ricercatore presso la facoltà di Scienze della Comunicazione dell’Università di Lugano (USI), esperto di flussi migratori internazionali e di integrazione europea.
Professor Ruspini, chi sono i migranti internazionali?
Secondo la definizione delle Nazioni Unite sono persone che permangono al di fuori del proprio paese per almeno un anno. Le più recenti stime dell’ONU indicano che i migranti internazionali sono 244 milioni. Di questi, circa 20 milioni sono rifugiati, ovvero esseri umani costretti a lasciare le loro case per fuggire da guerra e violenze.
Come si distinguono le altre categorie di migranti dai rifugiati? Lungo quali rotte si muovono verso l’Europa?
Semplificando molto, si può distinguere tra migranti economici e rifugiati. In generale i migranti economici sono persone che si spostano in cerca di migliori condizioni di vita e di lavoro. Questi flussi si muovono prevalentemente sull’asse Sud/Nord, dall’Africa sub-sahariana fino al Maghreb e da lì verso l’Europa. I rifugiati sono persone che, fuggendo da condizioni di estremo pericolo per le loro vite, chiedono accoglienza in un paese straniero. Tuttavia può accadere che a un richiedente asilo venga negato questo diritto. A quel punto sarà costretto a partire o la sua condizione potrà assumere le caratteristiche di un migrante irregolare.
Milioni di persone che si muovono per le più svariate ragioni. Come si gestisce un simile flusso migratorio?
Non si può pensare di arginare il fenomeno delle migrazioni internazionali erigendo muri. I trafficanti sono stati di volta in volta in grado di riorientare le rotte, in modo da eludere i controlli. La chiusura forzata dei confini nel sud-est del continente europeo, nel 2015, ha riportato in auge la rotta del Mediterraneo centrale che negli anni passati aveva perso di interesse. In questi ultimi anni la maggior parte dei rifugiati è arrivata in Europa attraversando l’Egeo, passando per la Turchia.
Insieme ai migranti c’è il rischio concreto che arrivino in Europa anche i terroristi, o no?
L’infiltrazione del terrorismo lungo le rotte migratorie è minima. Sono pochissimi, dati alla mano, i foreign fighters che si mescolano tra i migranti.
Secondo lei, le politiche europee sul tema dell’immigrazione sono state efficaci?
Finora no. Per ragioni storiche e politiche tra i paesi europei manca cooperazione e solidarietà e mancano del tutto delle iniziative che siano autenticamente comunitarie.
Ci sono paesi più accoglienti rispetto ad altri? E l’Italia? Siamo davvero sotto assedio?
C’è la convinzione che storicamente ci siano paesi più accoglienti di altri. Emblematico è il caso della penisola scandinava, ma non è proprio così. Allo stesso modo noi non siamo sotto assedio. Secondo i dati dell’Istat i cittadini stranieri in Italia al 01.01.2016 erano l’8,3% della popolazione residente. La realtà dei fatti è che i migranti fanno strutturalmente parte della nostra società e contribuiscono positivamente all’economia del paese. Si tratta di un fenomeno consolidato, nessuna emergenza. Certo, ci sono gli irregolari, ma vorrei ricordare che il 60% di essi non è arrivato su un barcone ma con un visto turistico.
Chi sono quindi gli immigrati in Italia?
Le comunità migranti in Italia sono policentriche e frammentate, mancano gruppi etnici significativamente preponderanti.
Non ci sono, sul nostro territorio, quelle situazioni di disagio sociale che hanno portato alla creazione di enclave etniche, di periferie sul modello delle banlieue parigine, anche se diffuse situazioni di emarginazione e sfruttamento non mancano. Gli immigrati in Italia sono nel complesso lavoratori, contribuenti e giovani.
Ragionando per assurdo, come sarebbe il nostro paese senza migranti?
Fortemente impoverito, senza dubbio. Il radicamento monoetnico non corrisponde più alla realtà. I migranti contribuiscono a mantenere in funzione parte dei servizi e delle strutture sociali del paese. Inoltre aiutano a contenere i problemi generati dall’invecchiamento della popolazione e dalla decrescita demografica. Pensare un’Italia senza migranti è, appunto, assurdo.
Le migrazioni sono un fenomeno insito nell’umanità e non si possono arrestare.
Si possono semmai tentare di gestire in modo oculato. Nel nostro paese, fortunatamente, c’è una tradizione storica di volontariato molto attiva nel campo dell’accoglienza. Altrettanto importante è il ruolo svolto dai sindacati, sia per quanto riguarda il provvedere ai bisogni pratici sia sul fronte dei diritti.
Come si risponde dunque alla richiesta di sicurezza che viene dalla popolazione?
Non eludendola, ovviamente. Ma è necessario puntare sulla corretta informazione, su adeguate politiche di gestione del fenomeno sul territorio, sul dialogo interreligioso e la comunicazione interculturale. Erigere muri non serve. Conoscenza, comprensione e soprattutto solidarietà – concetti che sono venuti a mancare – dovrebbero essere i pilastri della nostra società, per sconfiggere la solitudine del cittadino globale, come direbbe Zygmunt Bauman.n