Nel primo pomeriggio di un assolato venerdì di inizio primavera, Simone De Martin è ancora nella cucina della sua “Perla”. Lo chef ha appena cucinato pesce freschissimo per i suoi clienti e, alla fine del suo meticoloso lavoro, disciplinato da tecnica sopraffina e da estro irresistibile, non può concedersi neppure un minuto di pausa.
La spesa chiama Simone e lui risponde spinto dalla voglia di offrire la miglior materia prima sui tavoli del suo elegante – ma allo stesso tempo familiare – locale.
Lo abbiamo seguito e abbiamo ricevuto emozioni forti: nella formaggioteca di , in via Carrobbio, abbiamo avuto l’illusione di venire catapultati sull’erba verde di un alpeggio in alta montagna, mentre nella storica pescheria di , in corso Matteotti, ci siamo sentiti in riva il mare.
Il tutto senza muoversi da Varese e, anzi, all’interno di un percorso lungo appena duecento metri nel cuore della città, dove addirittura De Martin ci ha regalato quella sensazione di libertà che si può vivere solo su una barca. In che modo? Ve lo svelerà direttamente lo chef da cui volentieri ci facciamo accompagnare in questo breve ma sorprendente viaggio del gusto.
Un cuoco non deve mai dare nulla per scontato nel suo lavoro e questo splendido mestiere non si esaurisce solo all’interno della cucina dove, per altro, si svolge gran parte della mia attività.
È fondamentale uscire per inseguire la miglior materia prima, farsi ispirare dalle suggestioni di un prodotto e andare a scovare delle prelibatezze uniche e rare, difficili da trovare. La spesa di oggi ci offrirà eccellenze gastronomiche introvabili a Varese e sarà, allo stesso tempo, a chilometro zero. Un’impresa che sarebbe impossibile se non fosse per due miei irrinunciabili e preziosissimi fornitori come Paolo Colombo e Luigi Piccinelli.
Partiamo dall’atelier che si trova a due passi dalla mia “Perla”. Usciti dal nostro grazioso cortiletto, basta fare pochi metri per trovare la mitica Formaggioteca di via Carrobbio. La gestisce il mio amico Paolo Colombo, che assillo tutti i giorni, chiedendogli chicche da proporre sul mio carrello dei formaggi.
Oltre ai grandi classici, come il parmigiano reggiano stagionato almeno per trenta mesi, o un grande gorgonzola che io letteralmente adoro, ci vuole qualche gusto in grado di spiazzare i clienti. Come sempre, Paolo non mi ha deluso ed è andato a prendermi tre squisitezze uniche: una toma di alpeggio coronata da un trito di erbe di montagna, morbida e con latte di vacca al cento per cento, un’altra Langa Blu, erbonirata e con latte di alpeggio, e un vaccino stagionato per otto mesi sotto la vinaccia di uva barola, in cui la crosta non esiste più perché è stata macerata.
Grazie all’aiuto del fidatissimo amico Paolo so che, anche stasera, stupirò il palato di chi non si accontenta dei formaggi classici.
La bandiera della “Perla” è comunque il pesce: a Varese non c’è il mare ma io pretendo il massimo e vado a pescarlo da Luigi Piccinelli. Il suo negozio di Corso Matteotti è a un tiro di schioppo dal mio ristorante e viene rifornito quotidianamente. Luigi fa il pescivendolo da 47 anni ma è diventanto titolare della storica bottega nel 1978. Da allora si è costruito una solida rete di clienti, tutti molto esperti e sempre più esigenti.
La prima selezione avviene attraverso le richieste dei suoi affezionati, che lo vanno a visitare tutti i giorni e io sono, se possibile, ancora più incontentabile. Ma Luigi fa i salti mortali per darmi quello che voglio, attraverso i migliori fornitori della Sicilia, della Sardegna e di Chioggia.
Scendendo gli scalini, all’interno del negozio, si entra in un caveau prezioso come quello di una banca. Qui non troverete astici del Maine, ma crostacei migliori: l’astice blu del mediterraneo o le aragoste del nostro mare.
Come si riconosce il pesce fresco? Fissatelo negli occhi, che devono essere briosi ed emanare luce e non possono assolutamente essere incavati. La lucentezza è una garanzia di freschezza, come il profumo di mare.
Poi c’è un altro segreto: prendete il pesce dalla testa, tenendelo sempre in posizione orizzontale e, se resta dritto, compratelo perché è giusto. Potete anche affondare l’indice nella sua pelle: se questa segue il dito, allora è fresco.
Badate anche alla sfilettatura: se fra gli strati dei muscoli la carne è compatta, allora non abbiate dubbi. Potete tranquillamente farci un grande carpaccio, come quello di branzino che vi insegno a realizzare direttamente dalla bottega di Luigi.
Spinate il filetto, eliminando la pancia e la coda, tagliatelo il più sottilmente possibile. Potrete condirlo adesso con una citronette a base di succo di limone, olio, sale e pepe, aggiungendo il tocco di una cipolla rossa di Breme, nella Lomellina. Personalizzate come meglio credete il vostro quadro. Renderlo un’opera d’arte non sarà difficile: basta che sia fresco come quello preso da noi nella pescheria di Luigi che, per un giorno, ci ha dato l’impressione di essere la cambusa di una barca.
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