Totò l’ha scritta e declamata riferendosi alla morte. La Varese solidale l’ha messa in mostra con i vivi. La cena “Aggiungi un pasto a tavola” è stata una Livella. Gli “un po’ più” sono entrati dalla stesse entrate degli “un po’ meno”. Sulla stessa pedana sotto lo stesso tendone e pagando lo stesso conto. Si d’accordo qualche “un po’ più” non ha preso il biglietto con troppo anticipo sfoderando la raffica di telefonate dell’ultima ora intitolate: «E
io?». Altri, allergici agli spazi delimitati, hanno un po’ debordato in faccia a chi negli ultimi mesi è impazzito per mosaicare i 1000 nel rispetto di regole e necessità.
Ma Varese Solidale è nata come un percorso. E, vuoi per il periodo elettorale, vuoi per quanto seminato dalla prima edizione del 12 settembre 2015 quando in Piazza San Vittore si sedettero in 640, passi avanti se ne sono fatti e visti. Più associazioni, riunite in Corso Matteotti, dove solo per competenze comunali scollegate i gazebo della Varese Solidale erano incastonati da quelli della Varese elettorale. In versione cantastorie tanti volontari hanno raccontato quanto la Varese più bella sa fare non solo per un giorno ma per tutto l’anno. Per un pomeriggio il centro storico è tornato paese con tante piccole case di tante piccole famiglie che gli “un po’ più” si ostinano a liquidare superficialmente come «frammentazione del sociale» invece di riconoscere ogni specificità utile a chiunque. Molte di loro felici di poter avere anche se solo per un giorno una sorta di sede solitamente ricavata solo nel cuore di ogni suo singolo volontario. L’immagine di Piazza San Vittore non può e non deve durare una sola sera. Quello che in primis Monelli della Motta e Alpini hanno disegnato e donato alla città è un patrimonio che non può e non deve essere contaminato da niente e da nessuno.
Varese Solidale può crescere ancora. Visto lo spazio non tanto in numeri ma nella maggior consapevolezza di poter alzare l’asticella della solidarietà. Anche con un piccolo segno e per questo rivoluzionario come quello di comprare un biglietto e stop con nessun “mio” tavolo. Sarebbe un passo in più, una crescita comune che darebbe ancora più valore ad una sera dove più che per se stessi ci si va per gli altri, per dare un posto a chi un posto non ce l’ha ma soprattutto un pasto a chi un pasto lo raggiunge solo dopo una lunga fila fuori da un cancello o da mani solidali. Varese Solidale sta crescendo per cosa e come è nata: condividere ideali e solidarietà facendo ognuno un passo indietro per generare un comune, grande passo avanti della città intera.
Gli “un po’ meno” non aspettavano altro e lo si è visto. Si perché gli “un po’ meno” vanno per dare senza chiedere, rispettano chi organizza perché sanno bene quanto sia difficile organizzare e nella difficoltà non fanno i professori, semmai gli insegnanti di sostegno. Gli “un po’ più” fanno più fatica perché nelle altre serate sono invitati per sedersi in prima fila e quando il biglietto è esaurito da chi s’è fatto con educazione e pazienza la fila qualcuno glielo procura. Potendo permettersi adepti e collaboratori non organizzano in prima persona e quindi sono più naturalmente portati ad offendersi che a donarsi.
Se l’immagine dell’altra sera di Piazza San Vittore fosse arrivata sul palco celeste di Totò, stringendo la mano a Petrolini, il Principe avrà trovato certamente lo spunto per una nuova poesia, con lo stesso titolo ma dedicata alla vita e alla Varese…”più bella che pria”: una diversamente Livella e così sia.