La folla oceanica, senza precedenti, che ieri ha inondato Parigi afferma con forza l’unità di un popolo contro la barbarie di un nuovo nazismo francese, che potremmo chiamare nazismo islamico.
Un dramma che presenta tratti inediti e preoccupanti, a cominciare dal fatto che il nemico non venga da fuori: gli attentatori di Charlie Hebdo e quelli del negozio kosher, è bene chiarirlo, erano francesi a tutti gli effetti.
Nati in Francia da genitori francesi ed educati nelle scuole della Repubblica,
ne hanno rabbiosamente rigettato i valori fondanti di liberté, égalité, fraternité.
Non è la prima volta, nella nostra storia: la collaborazione francese con il nazismo ne è l’esempio più tragico.
Certo, oggi la Francia è apparentemente in pace, ma cova in seno una minoranza – sfaccendata, fanatizzata, manipolata – che riprende e propugna i caratteri dei fascismi storicamente intesi: la cultura della morte, l’antisemitismo, la negazione della libertà d’espressione e di stampa, l’odio del libero pensiero in generale.
Si direbbe che siano tornati i nemici storici della Repubblica, e poco importa che oggi abbiano nomi e cognomi con assonanze arabe.
Coloro che hanno osato uccidere in nome di Allah non erano arabi né immigrati: erano, lo ripetiamo, francesi e come tali percepiti dal resto del Paese.
È quindi necessario scindere l’accaduto dalla questione dell’immigrazione, altrimenti si rischia, com’è stato fatto in questi giorni in Italia, di strumentalizzare l’accaduto senza centrare il problema, e in Francia di finire col sostenere le tesi del Front National, che sono ancora una volta tesi di odio.
È proprio questa tradizione di odio ad aver armato i killer. L’odio dell’altro, in nome della razza o in nome di Dio, il rifiuto del dialogo e dello spirito critico, la convinzione di essere depositari di una qualche verità superiore.
Così erano i seguaci di Mussolini e Hitler, così sono questi criminali.
Ieri come oggi, essi postulano l’ineguaglianza tra gli uomini, il culto della violenza, la fascinazione per la morte. E ancora, l’odio per gli ebrei, le donne, il culto del martirio.
Gli attentatori di Charlie Hebdo e di Vincennes non sono altro che gli adepti di un nuovo nazismo islamico.
Davanti a questo drammatico fenomeno, esiste una solida tradizione francese di antifascismo, che trova la propria forza nell’ironia, nella risata dissacrante, nella speranza.
Come nella seconda guerra mondiale Pierre Dac, umorista resistente e voce di Radio Londra, così i vignettisti di Charlie Hebdo: oggi come ieri, la società civile può contare sulle forze sane di uomini e donne liberi, che sanno ridere senza paura e che non accetteranno mai compromessi con i fautori dell’odio e della divisione.
Perché su una cosa non c’è dubbio: chi è nemico del riso, ha in odio la vita. E non solo la Francia, ma l’Europa intera ha gli anticorpi per rispondere all’attacco di questo nuovo nazismo: lo ha dimostrato la marcia di ieri a Parigi, che ha visto i leader d’Europa e del mondo schierati con il Presidente François Hollande e il popolo francese, mentre in tutto il continente, tanto nelle capitali quanto nei centri minori, la società civile ha organizzato innumerevoli manifestazioni di solidarietà e sostegno.
Oggi la Francia è una nazione in lutto, affranta e colpita al cuore, ma anche consapevole di poter superare nell’unità questa prova: i manifestanti di ieri, credenti di tutte le confessioni e laici, giovani e vecchi, donne e uomini rappresentano l’unità nazionale; ognuno di loro afferma la volontà di vivere insieme, in libertà e uguaglianza.
Sono, e siamo, Charlie; sono, e siamo, dei concittadini nel senso più stretto del termine: persone che vogliono e possono vivere insieme.
* Sociologo e filosofo