Lonate Pozzolo, i Bad Boys corrompevano i politici?

LONATE POZZOLO La locale guidato dal boss Vincenzo Rispoli puntava alla costruzione di un centro commerciale a Lonate Pozzolo. L’opera non si realizzò (in realtà un centro commerciale è sorto in un comune limitrofo a Lonate, ma in provincia di Milano), però i giudici estensori della sentenza di condanna in primo grado per 13 affiliati al clan di Cirò (sette dei quali ritenuti colpevoli di associazione a delinquere di stampo mafioso) sollevano nel documento di 800 pagine interrogativi pressanti.

Si legge nelle motivazioni: «Anche se non fa parte delle contestazioni, è interessante notare come la locale fosse interessata alla realizzazione del centro commerciale e a tal fine parrebbero essere state effettuate dazioni di denaro a esponenti dell’amministrazione comunale».

Il dubbio sollevato è pesante: tangenti a qualcuno per ottenere permessi e scorciatoie? Dall’inchiesta non è emerso nulla di tutto questo, anche se gli stessi estensori del dispositivo precisano che è stato impossibile, per ragioni collegate all’inchiesta, approfondire i molti filoni emersi, tra cui le infiltrazioni negli appalti per l’Expo 2015 e le collusioni con le realtà politiche per speculazioni edilizie.

Promotore della presunta “spintarella” per il centro commerciale sarebbe Emanuele De Castro, considerato il contabile del clan, l’uomo che raccoglie e investe i soldi. Il dubbio viene sollevato da un’intercettazione a suo carico. Sempre nelle intercettazioni De Castro cita Orietta Liccati, responsabile dell’Urbanistica a Lonate all’epoca dei fatti, e parla della necessità di «andare in Comune per parlare con Liccati».

Orietta Liccati, peraltro, fu vittima di un attentato incendiario il 10 luglio 2008: la sua auto fu data alle fiamme mentre era posteggiata vicino al municipio. Anche di quell’incendio De Castro ne parla (nel corso del processo è stato accertato che furono alcuni imputati a decidere l’attentato) segnalando «tutti i problemi che sono arrivati dopo». Nel luglio 2010, quando l’inchiesta Infinito portò all’esecuzione di 300 ordinanze di custodia cautelare in Lombardia (vi erano compresi gli indagati per l’inchiesta Bad Boys, per i quali furono ampliati i capi di imputazione contestati), emerse un insistente interesse edile e immobiliare proprio di De Castro nei confronti di Lonate Pozzolo.

In particolare per la realizzazione del cosiddetto Pirellino, una sorta di grattacielo che avrebbe dovuto troneggiare sul paese. Anche in questo caso l’opera non si compì: De Castro non riuscì a ottenere terreno e permessi e il progetto naufragò. Danilo Rivolta, assessore all’Urbanistica all’epoca dei fatti, disse che «questi personaggi erano venuti in Comune. Mai da soli, sempre presentati da qualcuno». Fu lui, inoltre, a imporre l’allontanamento di alcune famiglie cirotane dalla sfera di vicinanza alla politica, pagando con l’incendio della propria auto.

Ora le ipotesi avanzate nelle 800 pagine delle motivazioni della sentenza aprono nuovi scenari e paiono un pungolo piuttosto appuntito ad approfondire questi ulteriori filoni d’inchiesta.

s.affolti

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