VEDANO OLONA «Sono stanco, stanchissimo, ricordo questo furgone di colore bianco che mi ha scaricato da qualche parte, quelle zone non le conosco, devo aver vagato un po’ e poi pieno di dolori devo essere crollato a terra. Mi ricordo il ritrovamento dei carabinieri, mi ricordo il ricovero in ospedale, le ambulanze, l’unica cosa che mi hanno trovato addosso era il tesserino sanitario».
È il racconto drammatico di Paolo De Giorgi, l’operaio di Vedano Olona di 39 anni scomparso lunedì scorso e poi ritrovato in Sicilia cinque giorni dopo riverso a terra. L’uomo, ritornato ieri a Vedano Olona insieme alla moglie, è ancora frastornato, fatica a parlare e non ricorda quasi nulla se non l’inquietante retroscena di un furgone bianco dal quale dice di essere stato scaricato. «Come ho già spiegato – aggiunge Paolo – mi ricordo due voci, una di una persona che aveva l’accento siciliano, l’altra invece non saprei dire».
Dei cinque giorni nei quali si sono perse le sue tracce, De Giorgi non ricorda niente: «Assolutamente nulla – ripete – quando mi hanno rintracciato non ricordavo né il nome, né chi fossi, né che giorno fosse. Ricordo solo mio figlio, ricordo ben poco, che la mia macchina era grigia, non ricordavo neanche il mio lavoro. Lo psicologo mi ha fatto vedere la cartina dell’Italia, mi ha chiesto se mi ricordassi del traghetto, non ricordavo neanche del mare, io il mare non l’ho visto, grazie allo psicologo sono tornato a riorientarmi. Non mi ricordo di niente, ricordo solo che ho accompagnato mio figlio a scuola».
La moglie ha lanciato un nuovo appello alle istituzioni perché al più presto venga fatta piena luce sulle circostanze ancora poco chiare della vicenda: «Sono contenta di averlo trovato – dice la moglie – lo avevo già dato per morto. Ha perso tutto, aveva un pile marrone bello con il colletto beige, ha perso anche la giacca a vento, lo hanno trovato con venti euro Addis. Mio marito fino a lì non è arrivato da solo, qualcuno ce lo ha portato. Secondo me lo hanno prelevato da Venegono da dove si sono perse le tracce, mi auguro che piano piano si possa ricordare per capire chi erano queste persone del furgone. Aveva dei lividi ai piedi, come se qualcuno lo avesse legato, non si ricorda nulla».
Lorena continua a non credere che il marito possa essersi allontanato da solo: «Lancio un appello – insiste la moglie – perché le indagini devono seguire il suo corso e non si devono fermare. Non sappiamo nulla neanche della macchina, voglio sapere cosa sia accaduto, voglio sapere cosa gli hanno fatto. Temevo che avendo perso la memoria potesse essersi mosso verso la montagna, a lui non piace il mare. Sollecitiamo le autorità sperando che continuino con queste indagini. Confido che non le chiudano, voglio chiarezza. Sono preoccupata che possa ricapitare, abbiamo paura, ora non lo lascio da solo. A questo punto l’importante è che sia qui con me, sono felicissima, è una gioia».
Pino Vaccaro
s.bartolini
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