«Venire allo stadio per me è una cosa fantastica. È come stare in famiglia. Perché a Masnago ci sono persone meravigliose che mi vogliono bene». Luca Alfano è tornato, più carico (anzi “carrrico”) che mai. È stato costretto a più di due settimane in ospedale, ma la sua grande forza ha ancora una volta avuto la meglio.
«Sono migliorato, anche se quasi tutto il giorno sono attaccato a una flebo. Le poche ore “libere” le passo allo stadio, non posso farne a meno», dice.
Voleva già scappare fuori per la notturna di Varese-Cittadella, e invece i medici lo hanno convinto a resistere un altro po’. Ha scelto invece la partita giusta per il rientro: «La vittoria con il Bari è stata davvero emozionante. I ragazzi non hanno sbagliato niente, contro un avversario tecnicamente più
forte, ma che alla fine si è arreso alla potenza del gruppo di Bettinelli».
Gruppo è una parola diventata di moda in casa biancorossa. «È il segreto di questa squadra. Quando sei un tutt’uno riesci anche a nascondere qualche lacuna. Vogliamo parlare degli abbracci quando l’arbitro ha fischiato la fine?».
Parliamone, certo. «Innanzitutto mi sono rimaste impresse la rabbia e la fame che il Varese ci ha messo per tutti i 94 minuti di partita. Sinceramente non me la ricordavo una grinta così. E poi, a fine partita, ho visto la felicità negli occhi di tutti i giocatori. E Landini che si stringeva forte a Bettinelli».
Se deve fare un nome, Alfano non ha dubbi. «Con le sue scarpette gialle, Falcone ha ammazzato tutti quelli che gli correvano dietro invano. È cresciuto in modo importante da qualche mese a questa parte, e si sta facendo trovare pronto tutte le volte che il mister lo chiama».
Abbiamo detto di Landini. Alfano lo ha conosciuto al primo allenamento a cui ha assistito il nuovo ds biancorosso, due giorni prima di Varese-Bari. «Mi sembra una bellissima persona. Lo guardavo durante la partita, la vive con molto trasporto. È un esperto di calcio, e sembra qui da una vita. Credo che sarà facile volergli bene».