Siamo sicuri che la creazione della Zona Economica Speciale, dove si assicura l’esclusione, seppur momentanea, dal pagamento delle tasse per tutte quelle imprese che sono a 20 chilometri stradali dal confine con la Svizzera sia la soluzione di tutti i mali per arginare la sempre più frequente delocalizzazione delle imprese in Canton Ticino?
Confartigianato Imprese Varese pone qualche interrogativo intorno alla proposta di legge approvata dal Consiglio della Regione Lombardia, ora all’esame del Parlamento, per la creazione della Zona Economica Speciale nelle provincie di Como (dove verrebbero coinvolte 40.768 aziende), Varese (dove sono interessati 19 comuni per complessive 28.114 aziende) e Sondrio (5.441 aziende).
«La Zes non è un intervento strutturale e ci si chiede se potrà rappresentare una vera soluzione ai problemi imprenditoriali» commenta Davide Galli, presidente della Confartigianato varesina.
«L’attrattività del territorio, secondo un’analisi presentata tempo fa da Confartigianato Varese, si basa sull’abbassamento della tassazione, ma non secondo scelte che tendono a privilegiare alcune imprese piuttosto che altre». Sul tappeto ci sono i dubbi sulla copertura finanziaria e il pericolo di concorrenza interna, sottolinea il presidente Galli «il nodo da sciogliere c’è, perché la Zes potrebbe generare casi di concorrenza sleale (e interna) tra le aziende della stessa provincia: quelle del Nord che godranno di un vero “paradiso fiscale” e quelle, invece, che sono a Busto Arsizio e Saronno. Il merito imprenditoriale, purtroppo, cade così in secondo piano: con la Zes è la collocazione geografica ad avere la meglio».
Di certo è fuori discussione il vantaggio fiscale per le imprese inserite in una Zona Speciale: «Dare il via a una fase sperimentale della Zes potrebbe essere una buona soluzione, per poter toccare con mano quanto l’azione possa essere incisiva (o non esserlo) per poi decidere, eventualmente, la sua estensione all’intera regione Lombardia. L’importante è che la Zes non si trasformi in discriminante per chi fa impresa, oggi, tra mille difficoltà».
Non dimentichiamo infatti che il problema dell’imposizione fiscale rappresenta un gap ancora irrisolto tra imprese italiane, quelle europee e, per l’appunto, quelle svizzere: nel Canton Ticino l’Iva è all’8% e la pressione fiscale raggiunge un livello minimo del 17,1%.
Senza contare la burocrazia snella, la flessibilità nel mondo del lavoro e la manodopera italiana di qualità a basso costo.
Risultato: negli ultimi cinque anni oltre 4.500 imprenditori italiani hanno deciso di aprire una nuova azienda in Ticino. Ma, come sempre, non è tutto oro quello luccica e se i commenti positivi sulla Zona Economica Speciale sono numerosi, non mancano anche quelli critici.
«A partire da un punto interrogativo sulla copertura finanziaria che dovrebbe essere recuperata dalla spending review necessaria per la manovra» spiega la Confartigianato: servono infatti 800 milioni di euro da stanziare nel 2014 e 1,2 miliardi a regime, a partire dal 2015 con il 10% a carico della Regione Lombardia (che dovrà rinunciare a parte delle entrate Irap) e il restante 90% di risorse a carico dello Stato.
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