Lui, lei e l’Aquila. Metti Trump presidente…

Lo scorso marzo, in tempi assolutamente non sospetti, il caporedattore di Sky Tg24 varesino Franco Ferraro aveva immaginato un’ipotetica giornata di Donald Trump come presidente degli Usa. «Dire che avevo intuito il vento è esagerato, ma la sua natura un po’ si…. Al di là dell’ironia mi auguro che Trump smentisca tutti e si dimostri un buon Presidente» scrive Ferraro. Questa è la sua esilarante visione.

Suona la sveglia. La sveglia proietta sul soffitto l’immagine di Trump ai tempi del college. Da sotto il letto esce un robot vestito da messicano che chiede scusa per aver dormito lì. Donald lo insegue tirandogli tortillas e urlando: «Prepara le tue cose, stai per tornare a casa!». Il robot viene abbattuto dagli uomini della sicurezza. Il Presidente prende a calci il robot senza vita, ma si fa male e si arrabbia con gli agenti. Vengono tutti sostituiti e mandati a pattugliare al confine tra Texas e Messico.

Colazione. In camera da letto. Ci sono il Presidente, la moglie Melania e l’aquila calva, simbolo degli States. Sul tavolo di tutto. Donald chiede a Mel e all’aquila se può mangiare doppia razione di uova. Le due si guardano: Melania dice sì, anche l’aquila, non prima di aver strappato un ciuffo di capelli al padrone di casa. Il Presidente divora le uova, le sue e, approfittando di un attimo di distrazione, anche quelle dell’aquila. Che la prende molto male e gli infila gli artigli nel collo.

Prima riunione di Donald con lo staff. Ci sono Corey Lewandoski, il fidatissimo manager della sua campagna, Michael Glassner, grande suggeritore politico, Katrina Pierson, la portavoce, Tim Jost, l’ex tesoriere, che oggi tiene i conti della cucina. Prima di iniziare ecco il collegamento telefonico con David Duke, numero uno del Ku Klux Klan. Duke comincia a farneticare, dice a Trump che la sua politica sull’immigrazione è molle, che non bastano le vasche degli alligatori, le gabbie con leoni e tigri, le fosse dei cobra, le buche delle vedove nere. Secondo Duke bisognerebbe creare un virus killer in laboratorio. E vedere l’effetto che fa. Trump prende nota. Duke saluta fischiettando Sweet Home Alabama.

Comincia la riunione. Primo punto all’ordine del giorno: mandare a Guantanamo Hillary Clinton. Trump è uno che non perdona. I suoi cercano di convincerlo a rinunciare, ma lui non molla, anzi rilancia: anche Bill a Guantanamo. (Ridacchia, soddisfatto…).

Si passa al secondo punto: il petrolio iracheno. Donald si arrabbia. «Ancora? – urla – Il petrolio non è iracheno, è nostro». Sguardi incrociati dei collaboratori. Lui se ne accorge e tuona: «Ci ho mandato Stallone, Schwarzenegger, Chuck Norris, Steven Seagal, Vin Diesel e Danny Trejo. Non bastano? Non fatemi perdere la pazienza. Passiamo al terzo punto».

Ahia. La Cina. Pechino non ha gradito l’ultimo spot tv del Presidente. Quello in cui si vede un cinese al guinzaglio di un vaccaro dell’Oregon. Lewandoski suggerisce di sospendere lo spot. Trump ci pensa un attimo. Poi dice: «Ok. Al posto del cinese mettiamoci un russo. È una questione di diplomazia». In quel momento entra Ted Cruz che porta un vassoio di donuts. Il presidente lo rimprovera per le unghie troppo lunghe. Cruz si scusa. Pausa caffè. Trump si affaccia alla finestra. Marco Rubio sta tagliando l’erba della Casa Bianca. L’ex senatore degradato a giardiniere chiede: «Va bene così, capo?». Trump approva.

Trump riceve Paul Krugman. Il Presidente dice all’economista premio Nobel che «la bolla speculativa nell’economia Usa sta per scoppiare». Krugman prende appunti.

Trump riceve Hulk Hogan, I due si abbracciano. Grandi pacche sulle spalle. Poi fanno la lotta nella Sala Ovale. Rompono di tutto ma si divertono da pazzi. Arriva Cruz con due birre gelate. Bevono sudatissimi. Poi si danno appuntamento al giorno dopo. «Stessa ora» dice Trump. «Ovviamente» risponde Hogan, che se ne va spaccando la porta finestra. Rubio corre a raccogliere i vetri. Trump, stanco, va a riposarsi.

Trump riceve Mike Tyson, altro suo vecchio sostenitore. Tyson si scusa: prima di entrare ha steso Cruz con un gancio. «No problem – dice Donald – tanto l’avrei fatto io…». Mega scazzottata di mezz’ora tra il Presidente e l’ex pugile. Rompono i mobili appena sostituiti ma si divertono come pazzi. Alla fine entra Cruz con le solite birre. Bevono sudatissimi. Poi rompono i bicchieri in testa a Cruz e ridono a crepapelle. Si danno appuntamento al giorno dopo.

Brunch. A tavola anche i figli del Presidente: Donald jr, Eric e Ivanka. Ospite gradito Denis Rodman. L’ex stella della Nba porta in dono un pallone fatto con la pelle dei messicani catturati mentre cercavano di entrare illegalmente negli Stati Uniti. Trump è euforico, i figli piangono di commozione. È festa grande. L’aquila sbatte le grandi ali prima di aggredire Cruz che sta servendo il Kentucky Fried Chicken. Apoteosi.

Il Presidente si concede una lunga pausa per assistere alla proiezione di alcuni dei suoi film preferiti: “I berretti verdi” (1968), “Ispettore Callagan: il caso Scorpio è tuo” (1971), “Sfida all’Ok corral” (1957). Alla fine il Presidente estrae dalla fondina una Colt 45 caricata a salve e spara a Cruz e a Rubio che si erano intrufolati in sala per vedere i film in ultima fila. I due fanno finta di cadere sotto i colpi di Trump. Bevuta per tutti.

Appuntamento con Janet Yellen, gran capo della Fed. Trump lo annulla quando gli annunciano che sta per arrivare un suo grande sostenitore, sin dai tempi della campagna elettorale: Jesse Highes, il cantante e chitarrista degli Eagles of Death Metal. Il Presidente malgoverna l’adrenalina. Imbraccia la sua Fender e comincia a schitarrare. Highes fa finta di apprezzare gli sforzi del Presidente.

Cena. A tavola gli stessi del brunch. Con l’eccezione di Rodman. Al suo posto c’è l’ex campione di Nascar Bill Elliott. Il Presidente è al settimo cielo: Elliott gli ha portato il modellino dell’auto con cui nel 1988 ha vinto la Winston Cup. I due giocano a macchinine. Cruz e Rubio fanno le gallerie con le gambe. Elliott fa i complimenti a Trump per come riesce a rendere con la bocca il rombo dei motori. Atmosfera perfetta. Ma c’è Melania. Il “tutti a letto” della First Lady disturba non poco il Presidente, che però cede al perentorio invito della moglie. Elliott ringrazia per la cena e saluta. Il Presidente gli sussurra: «Domani alla stessa ora?». Elliott fa cenno di sì.

A nanna. In tre nel lettone. Il Presidente bacia l’aquila. L’aquila bacia la moglie del Presidente. Sulla Casa Bianca splende una luna bellissima.