Da un parte li cercano, come nei settori sanitari. Dall’altra vogliono utilizzarli ancora come merce di scambio. Sono i frontalieri. Perché nelle scorse ore i Verdi, la Lega dei Ticinesi, l’Udc, forti del successo ottenuto alle urne il 9 febbraio, tornano alla carica sui lavoratori italiani impegnati in Ticino. E lo fanno tramite una mozione che chiede di bloccare a tempo indefinito i ristorni all’Italia delle imposte alla fonte per incentivare Berna e Roma ad affrontare e risolvere quattro questioni di primaria importanza per il Ticino in attesa di una soluzione.
Primo: la mobilità nei comuni italiani di confine con la costruzione di infrastrutture di trasporto e di interscambio. Secondo: lo stralcio delle aziende svizzere dalle black list. Terzo: la rescissione dell’accordo sui frontalieri come richiesto dal Parlamento ticinese. Quarto: introduzione dell’Iva anche per i lavori sotto i 10mila franchi per i padroncini. Il testo della mozione firmata dai tre capigruppo , e ) nonché dai deputati Verdi , ,
e sottolinea che «lo sviluppo economico da Far West che è derivato dall’accordo di libera circolazione delle persone è deleterio non solo per il nostro mercato del lavoro ma anche per il nostro territorio».
Rivendicazioni che ieri sono state sottoposte anche alla consigliera federale , accompagnata dal Segretario di Stato per le questioni finanziarie internazionali . L’incontro con la direttrice del Dipartimento federale delle finanze, richiesto nelle scorse settimane dal governo cantonale, ha permesso di discutere alcune questioni di attualità legate ai rapporti fra Svizzera e Italia, con particolare attenzione ai temi di rilevanza per il contesto ticinese. In particolare, si legge in una nota del Dipartimento federale delle finanze (Dff), sono state «discusse questioni come l’imposizione dei frontalieri e le liste nere di imprese svizzere allestite dall’Italia, così come le loro ripercussioni sull’economia ticinese». Un altro tema all’ordine del giorno è il programma italiano di autodenuncia, peraltro già oggetto di colloqui con Roma. Questo mentre il settore sanitario ticinese ha lanciato l’allarme. Paventando seri problemi «nel caso in cui il contingentamento di medici e infermieri dovesse entrare a regime».
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