Made in Italy e biologico? No, in tavola si chiede di più

Le famiglie sono sempre più attente alla qualità dei prodotti che portano a tavola e la vittoria sul vero “made in Italy” in etichetta non basta ai consumatori. Sotto accusa, o meglio, sempre meno credibile e insufficiente si rivela infatti anche la certificazione del «biologico garantito».

Tanto che da Varese i consumatori «responsabili e solidali propongono un’alternativa al bio: è il nuovo bollino Spg, una sigla che sta per Sistema di garanzia partecipata e che prende spunto da simili esperienze portate avanti con successo soprattutto nel nord Europa.

Oggi a lanciare l’Spg è il Des (distretto di economia solidale di Varese) in collaborazione con L’isola che c’è (il Des di Como) e Des Brianza attraverso il progetto intitolato “Per una pedagogia della terra”, finanziato da Fondazione Cariplo.

«Diciamoci la verità, il bio certificato ormai ha fatto il suo corso», spiega Aurelio Mandrà del del Des di Varese sottolineandone i limiti. Ad esempio non considerare se nelle immediate vicinanze dei terreni ci sono siti inquinanti come strade molto trafficate o, peggio, discariche.

L’idea quindi è quella di superare la certificazione biologica con un nuovo marchio di garanzia che nasca dalla conoscenza tra produttori e consumatori, raccolti in Gas (gruppi di acquisto solidale) e Des.

Punto di riferimento di partenza è una specifica “Carta dei criteri delle reti di economia solidale” basata su principi di sostenibilità ecologica e sociale, valorizzazione della dimensione locale e delle relazioni attraverso la partecipazione attiva e democratica ai processi economici e sociali. Su queste basi collaborano al progetto anche le cooperative sociali Corto Circuito e Scret, formata da vari animatori di reti lombarde.

«In un’area della Lombardia in cui la piccola agricoltura di qualità è marginalizzata da una urbanizzazione inesorabile – si legge nella presentazione del Spg pubblicato online sul sito del Des Varese – la nostra proposta reale di cambiamento sociale ruota intorno alle filiere corte e alla produzione di cibo di qualità».

In questo senso sperimentare l’Spg significa mettere in campo «pratiche di riconoscimento della qualità che generano credibilità a partire dalla partecipazione solidale di tutti gli attori interessati dai processi di produzione e consumo».

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