Palermo, 16 ott. (Apcom) – La fotocopia del `papello’ consegnato l’altro ieri in procura a Palermo, non contiene una data certa, per cui sarà arduo per i magistrati posizionarlo con esattezza nel tempo. Soprattutto riguardo all’ipotesi che sia stata proprio l’opposizione del procuratore aggiunto Paolo Borsellino alla presunta trattativa fra Stato e Cosa nostra, a causare una `accelerazione’ e la decisione di uccidere il 19 luglio 1992 il magistrato.
Il `papello’ consegnato dal difensore di Massimo Ciancimino, nessuno l’ha ancora visto se non i magistrati, visto che le foto pubblicate oggi da vari giornali, non sono quelle del `papello’ originale, quello cioè con le 12 richieste allo Stato, ma quelle di appunti che sarebbero stati scritti da Vito Ciancimino per `aggiustare’ le richieste di Totò Riina. L’originale scritto da Riina e consegnato dal medico Antonino Cinà – come scrive oggi il quotidiano `La Sicilia’ che riporta i ricordi di Massimo Ciancimino espressi anche alla trasmissione Anno Zero – fece esclamare a Vito Ciancimino:”Il solito testa di c… che non capisce che a queste condizioni lo Stato non accetterà mai”.
Don Vito, dunque, fece delle sue `correzioni’. Entrambi i documenti sono adesso al vaglio dei magistrati di Palermo. Fra le dodici richieste del `papello’ originale, una fornisce qualche indicazione temporale sulla ipotetica data di redazione:certamente dopo l’8 giugno 1992. E questo perché la richiesta, contenuta nel `papello’, di abolire il carcere duro per i mafiosi, previsto dall’art.41-bis dell’ordinamento penitenziario entrò in vigore proprio quel giorno. Con il decreto legge, 8 Giugno 1992, n.306 `Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla criminalità mafiosa’.
Prima dell’introduzione dell’art.19 di quel decreto, per i mafiosi, non era previsto il carcere duro. Fu quel giorno che venne inserito il secondo comma: “Quando ricorrano gravi motivi di ordine e di sicurezza pubblica, anche a richiesta del ministro dell’Interno, il ministro di grazia e giustizia ha altresì la facoltà di sospendere, in tutto o in parte, nei confronti dei detenuti per taluno dei delitti di cui al comma 1 dell’articolo 4- bis (che include il reato di associazione mafiosa ndr),
l’applicazione delle regole di trattamento e degli istituti previsti dalla presente legge che possano porsi in concreto contrasto con le esigenze di ordine e di sicurezza..”. Il decreto venne convertito in legge il 7 agosto 1992. Poco meno di un mese dopo la strage di via D’Amelio che provocò, nella notte, la riapertura delle carceri di massima sicurezza di Pianosa e Asinara e la `deportazione’ di tutti i boss ristretti nelle carceri siciliane.
Cas
© riproduzione riservata