Palermo, 22 gen. (Apcom) – Rimasti senza l’autorevole guida dello
storico capo mandamento, assetati di potere non hanno esitato,
per cercare di conquistarlo, a commettere delitti dando vita ad
una sanguinosa faida che ha provocato, alla fine, sei morti
ammazzati, una ‘lupara bianca’, ed un tentato omicidio. Il
terreno di ‘battaglia’ è stato quello del mandamento mafioso di
Partinico e Borgetto, un tempo ‘amministrato’ dai boss Vito e
Leonardo Vitale finiti da un pezzo nelle patrie galere. Un
territorio ‘cerniera’ fra le province di Palermo e Trapani quello
di Partinico e Borgetto, e per questo considerato rilevante
all’interno di Cosa nostra e sul quale avrebbe anche messo gli
occhi anche il superboss trapanese, Matteo Messina Denaro,
tuttora latitante.
Arrestati i Vitale, a quel punto, la scelta, non gradita ad
alcuni, di Maurizio Lo Iacono come ‘reggente’, nonostante
l’avallo di Bernardo Provenzano, ha scatenato un putiferio di
fuoco che ha preso il via con il delitto di Mario Rappa e dello
stesso Lo Iacono fra il giugno e l’ottobre del 2005. Poi è stato
un susseguirsi di omicidi, tentativi di omicidio e una ‘lupara
bianca’ della quale è stato vittima Antonio Frisella. La ferocia
delle due ‘cordate’ contrapposte, capeggiate da Nania-Giambrone e
Corrao-Salto, è stata ricostruita dai magistrati della Dda di
Palermo e dai carabinieri di Monreale che a conclusione di una
indagine denominata ‘Chartago’ hanno convinto il Gip ad emettere
16 ordinanze di custodia cautelare, 15 delle quali sono state
notificate ai presunti vertici e gregari delle due fazioni
contrapposte nella ‘corsa’ al potere.
L’unico a non aver ricevuto il provvedimento restrittivo è il
latitante Domenico Raccuglia. Agli indagati, comunque non sono
stati contestati i singoli delitti ma i reati di associazione a
delinquere di stampo mafioso, estorsione e detenzione di armi.
L’ indagine condotta dai carabinieri, non ha potuto contare sulla
collaborazione neppure delle parti offese.
Nel tentativo di ‘scalata’ i due gruppi criminali, secondo quanto
emerge dall’inchiesta, non avrebbero esitato ad ‘appoggiarsi’, i
Nania-Giambrone ai Lo Piccolo, mentre Corrao-Salto al latitante
Raccuglia.
Gli investigatori hanno riscontrato ulteriormente, se ce ne
fosse bisogno, l’esistenza dei collegamenti, attuali, fra la
mafia siciliana e quella degli Stati uniti. E’ stato accertato
infatti che il boss Francesco Nania, arrestato negli Usa lo
scorso anno, influiva in maniera determinante sulle scelte
criminali che avvenivano in Sicilia e, con una certa frequenza,
riceveva pure esponenti mafiosi siciliani. Fra i vari episodi
criminali ricostruiti dai militari dell’Arma nei due anni di
indagini anche il tentativo degli uomini della cosca di Partinico
di uccidere Antonino Giambrone. E si è così scoperto, grazie alle
‘pulci’ sapientemente installate dai militari dell’Arma, che per
provare le armi i killer hanno pure sparato, uccidendoli, ad
alcuni cani randagi nella campagne di Borgetto. I carabinieri
hanno avuto modo di ascoltare pure i dettagli del progetto di
omicidio scoprendo che da tempo i sicari seguivano i movimenti e
le abitudini dell’uomo.
Anche i carabinieri erano pronti ad intervenire per evitare il
delitto, ma fortunatamente per lui, Giambrone venne richiamato
d’urgenza negli Usa da Nania che, evidentemente, aveva avuto
sentore di quanto stava per accadere al suo complice. Giambrone,
però, non riuscì a sfuggire al piombo il 31 ottobre del 2007
quando dei killer in moto lo crivellarono con 11 colpi di
pistola. Poco prima, a luglio, era stato ucciso, sotto casa,
Giuseppe Lo Baido. Nella scia di sangue provocata dalla faida,
c’è da aggiungere anche il duplice omicidio del 12 febbraio dello
scorso anno, quando sotto i colpi dei sicari finirono i fratelli
Gianpaolo e Giuseppe Riina sorpresi in un bar di Partinico. E
ancora il tentato omicidio di Nicolò Salto, del 19 ottobre scorso
a Borgetto. L’uomo rimase gravemente ferito e oggi, è finito in
cella.
Cas
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MAZ
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