Mafia, l’ex capo dei Ros: mai nessuna trattativa dello Stato


Palermo, 20 ott. (Apcom)
– Nessuna trattativa dello Stato con Cosa Nostra. Lo ha affermato il Prefetto ed ex capo dei Ros Mario Mori in una deposizione spontanea resa a Palermo durante il processo a suo carico per favoreggiamento aggravato. “Le dichiarazioni dell’onorevole Violante – ha detto Mori – sono importanti perchè dimostrano due fatti: intanto che il mio comportamento è stato improntato alla massima trasparenza avendo provveduto a parlargli del rapporto con Vito Ciancimino. Inoltre, la esplicitazione del mio rapporto con Vito Ciancimino rappresenta la dimostrazione dell’inesistenza, almeno per quanto riguarda il Ros, di una trattativa con Cosa nostra che avrebbe costituito secondo i pm il contesto della condotta di favoreggiamento di cui sono accusato e questa in modo particolare perchè implicava la resa vergognosa dello stato a una banda di volgari assassini presuppone il più rispettoso rispetto del segreto”.

Il fatto di avere reso noto il contatto con Ciancimino avendone parlato con due figure istituzionali – ha aggiunto Mori – il Presidente della Commissione antimafia e con il Procuratore esclude qualsiasi iniziativa al riguardo”.

Secondo Mori il 20 luglio ’92 “quando ancora non c’era la camera ardente di Paolo Borsellino, la Procura di Palermo chiese l’archiviazione dell’inchiesta mafia e appalti. Il procedimento è stato archiviato il 14 agosto, in un periodo feriale”. Ecco perché il generale Mario Mori non si fidava della magistratura di Palermo. Ed ecco perché il generale non riferì dei suoi contatti con l’ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino fino al primo incontro con il presidente della Commissione antimafia di allora Luciano Violante.

Il generale Mori ha ricordato l’importanza che Falcone dava al rapporto dei Ros mafia e appalti “ci aveva chiesto anche di anticiparne il deposito, prima del suo trasferimento al ministero a Roma”. Il generale ha ricordato anche la frase detta da Falcone in un convegno al castello Utvegio di Palermo quando disse ‘la mafia è entrata in Borsa’.
Mori ha sostenuto che, dopo la strage di Capaci “la nostra teoria era anche di Borsellino che chiese il supporto mio e del capitale De Donno. Borsellino – ha sostenuto Mori – spiegò a De Donno che la causale della strage di Capaci era l’inchiesta mafia e appalti.

Ricordando il terzo incontro con Violante quando l’esponente politico gli chiese se aveva informato l’autorità giudiziaria di Palermo sui suoi contatti con Vito Ciancimino, lui rispose di no: “Mi sono avvalso della facoltà prevista dalla legge di mantenere il segreto sulla mia fonte investigativa per via dei fatti che lui (Violante, ndr) ben conosceva avvenuti alla Procura della Repubblica di Palermo”.

Mori ha anche detto: “Avrebbe potuto lui riferire, se riteneva il mio comportamento scorretto, ai miei superiori o alla Procura della Repubblica”. Mori ha quindi detto di avere informato Giancarlo Caselli, pochi giorni prima che il magistrato assumesse la carica di procuratore di Palermo, dei suoi contatti con Ciancimino. Contatti che il generale Mori dice di aver tenuto anche successivamente, “il 22 gennaio ’93 feci un colloquio investigativo che riferii a Caselli”. Mori insomma sostiene che in tutta questa storia,

da parte sua, “non c’era nulla da nascondere”. Il generale ha quindi ricordato il suo primo incontro con Paolo Borsellino il 25 giugno ’92. “Fui contattato telefonicamente da Borsellino che mi chiese di scendere a Palermo e mi disse di non volersi far vedere da qualche suo collega”.
L’oggetto dell’incontro era l’indagine mafia e appalti. Per rafforzare la sua ipotesi, e confermarla, Mori ha citato anche una dichiarazione del magistrato Antonio Ingroia – che è pm nel suo processo – del 12 novembre ’97 nel quale disse che Borsellino gli aveva confidato di ritenere “che mafia e appalti era l’origine della strage di Capaci”.

Cas

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