Palermo, 20 nov. (Apcom) – Dalle motivazioni della sentenza depositate ieri alla cancelleria del Tribunale di Palermo emerge da parte della corte d’Appello di Palermo, che ha giudicato il senatore Marcello Dell’Utri condannandolo a 7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa, per quanto concerne le dichiarazioni rese dal pentito Gaspare Spatuzza un giudizio “in termini decisamente negativi”, riguardo “l’attendibilità intrinseca”, la mancanza di riscontri e, soprattutto, “l`oggettivo ed ingiustificato ritardo” con cui parlò ai magistrati di Marcello Dell`Utri e di Silvio Berlusconi.
Secondo quanto prevede la legge, infatti, entro 180 giorni dall’inizio della loro collaborazione, i pentiti devono riferire tutti i “fatti di maggiore gravità ed allarme sociale”, così come sono stati ritenuti dal collegio presieduto da Claudio Dall`Acqua, “le confidenze ricevute al bar Doney nel gennaio 1994 da Giuseppe Graviano”. In quella circostanza il capomafia di Brancaccio avrebbe rivelato che Cosa nostra aveve “il Paese nelle mani” grazie all’impegno di un compaesano, il senatore del Pdl Marcello Dell’Utri,
e di “quello di Canale cinque”, ovvero il presidente di Mediaset Silvio Berlusconi. A sollevare il problema sull’eccessivo ritardo con cui erano giunte le dichiarazioni di Spatuzza, erano stati i legali di Dell’Utri che, nel corso del controesame, avevano fatto “emergere, con oggettiva chiarezza ed incontestabile nitidezza, l`ingiustificato e rilevante ritardo con cui Gaspare Spatuzza ha ritenuto di parlare di Dell`Utri e Berlusconi, ritardo che induce a dubitare più che fondatamente anche della credibilità delle sue rivelazioni sul punto”.
Xpa/Cro
© riproduzione riservata