MALGESSO Malgesso è una piccola comunità. Un paesino con un bar, una chiesa e un centro dove più o meno tutti si conoscono. Sicuramente tutti conoscevano Fadel Yabre, il diciassettenne originario del Burkina Faso scomparso mercoledì nelle acque del Lago Maggiore e ritrovato cadavere nel tardo pomeriggio di sabato, dopo giorni di angoscianti ricerche, aggrappati alla vana speranza di una messa in scena, di una bravata adolescenziale per sfuggire ad un imminente rientro nella patria d’origine.
In paese lo conoscevano tutti, soprattutto dopo la tragedia che appena quattro mesi fa aveva già scosso Malgesso. Allora la sorte si portò via il fratellino di Fadel, Mohamed, investito da un’auto e ucciso all’età di appena 10 anni. Un lutto che colpì l’intera comunità e che forse contribuì ad abbattere le inevitabili barriere erette dalla circospezione verso chi, in arrivo da paesi lontani, portatore di culture, tradizioni e religioni differenti dalle nostre, tenta di insediarsi su un territorio spesso alieno, chiuso e diffidente.
Le poche persone che nella mattinata di ieri hanno affrontato il primo vero solleone di questa pazza estate, non parlavano d’altro. Nell’edicola del paese arriva la prima conferma. I quotidiani vanno a ruba, vogliono tutti sapere che fine ha fatto il povero Fadel. «Non posso credere che due simili tragedie possano colpire la stessa famiglia in così poco tempo – si commenta nell’edicola di via San Michele -, poveri genitori. In fondo ci speravamo un po’ tutti che se ne era andato, che era fuggito perché non voleva tornare nel suo paese. Provo tanto dispiacere».
E, poco distante, al bar trattoria arriva la conferma dell’attenzione che la gente riserva al caso del giovane annegato. Sul tavolo fuori dall’uscio ci sono i giornali locali, tutti aperti sulla pagina che tratta la sciagura, su quegli articoli che parlano del ritrovamento del corpo in fondo al Lago Maggiore. Al banco del bar, tra un caffè e una colazione, non si parla d’altro: «Io non so come facciano quei genitori lì a sopportare un dolore così forte, mi chiedo cosa possa spingerti ad andare avanti. Perdere due figli in quattro mesi, forse succedeva ai tempi della guerra. Che tragedia».
E, ancora: «Li conoscevamo bene, tutti e due. Il piccolo, poco prima che succedesse l’incidente era venuto qui a comprare una ricarica per il cellulare, mentre il grande, Fadel, era stato qui martedì sera a comprare le pizze».
Proprio in virtù di questo forte moto emotivo generato dalla doppia scomparsa, i fedeli della messa domenicale si aspettavano parole di comprensione e una mano tesa da parte del parroco del paese, don Mario Longo, che invece ha preferito non entrare nel dettaglio della tragica cronaca che ha scosso i suoi compaesani, puntando l’omelia su altri temi, come la giornata mondiale del Papa e la festa degli Alpini.
Qualcuno ha voluto però vedere nel Vangelo del giorno un segno di vicinanza alla famiglia Yabre. Un brano che parla della capacità di Dio di accogliere chiunque in Paradiso: «Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio».
Insomma, non basta essere buoni cristiani per poter godere della salvezza eterna, perché il Signore chiamerà a sé tutti gli uomini buoni, anche se in vita non hanno vissuto secondo i suoi dettami. Così anche per Fadel e Mohamed, due vite spezzate troppo presto, ci sarà un posto nel regno di Dio.
Alessandro Madron
f.artina
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