A Malpensa, la Guardia di Finanza del Comando provinciale di Varese ha arrestato tre persone, fra cui due narcotrafficanti, e sequestrato 7 chilogrammi di cocaina liquida. La droga, che proveniva dal Sudamerica, arrivava nell’aeroporto della provincia di Varese in bottiglie e flaconi con l’etichetta che indicava olio di cocco e sciroppo d’agave. Lo stupefacente, che poteva essere suddiviso in 7mila dosi, se immesso sul mercato avrebbe fruttato tra i 500mila euro fino a oltre un milione.
Grazie alle indagini coordinate dalla Procura di Busto Arsizio, sono finiti in manette un trentenne che arrivava da Montevideo (in Uruguay) e che aveva nascosto la droga nei contenitori alimentari e un ecuadoregno già ricercato in ambito europeo perché ritenuto un trafficante di primo piano (il gestore del traffico). Le analisi dei movimenti di economico-finanziari, lo studio dei tabulati telefonici, i pedinamenti, gli accertamenti tecnici e l’utilizzo dei cani antidroga hanno consentito di decifrare alcune comunicazioni e di eseguire un terzo arresto cautelare, emesso dal G.I.P. del Tribunale di Busto Arsizio, nei confronti di un terzo uomo, presunto referente del gruppo criminale su Milano.
Il processo di trasformazione
Trasformare la “polvere bianca” in cocaina liquida, per i narcotrafficanti, è un processo semplice: questa droga è altamente solubile, può essere miscelata con altri composti e, in forma liquida, è facilmente occultabile in bottiglie di liquore o vino.
Le proprietà radiologiche della cocaina liquida sono diverse da quelle della polvere ingerita dai cosiddetti corrieri ovulatori: diventa più difficile da rilevare e, quando raggiunge la sua destinazione finale, il composto può tornare al suo stato originale, dopo essere stato filtrato, per recuperare circa il 90% del prodotto.