È il nuovo gioco che fa impazzire tutte le generazioni. Stiamo parlando di Pokemon Go, un’applicazione scaricabile che sovrappone la realtà virtuale a quella che sperimentiamo con i cinque sensi. Inseguire animali virtuali, però, può costare caro alla pelle e alla privacy.
Le pagine di cronaca di quotidiani di tutto il mondo negli ultimi due mesi hanno raccontato di incidenti stradali, alcuni anche con esito tragico, avvenuti proprio a causa di distrazioni da parte del conducente perché impegnato nel gioco durante la guida. Ma non solo, sono stati violati domicili, alcuni ragazzi si sono spinti sui binari oltre al limite e tantissime persone si sono messe a cacciare i Pokemon perfino in luoghi della memoria come Auschwitz.
L’amministrazione tedesca ha dovuto chiedere a Niantic Labs, lo studio che ha sviluppato il gioco, di non includere le aeree “sensibili” per ovvie ragioni di opportunità. In Egitto parlano addirittura di “un grande pericolo per lo Stato” come lo ha definito Ahmad Mokhtar, esperto egiziano di tecnologia. Per Mokthar il pericolo maggiore sta nel fatto che questi giochi “inducono la gente a recarsi in certi luoghi e in tempi stabiliti”, un fatto non da poco in aree “calde” fra allarmi terrorismo e manifestazioni come in Egitto.
Associazioni come NSPCC in Gran Bretagna o Telefono Azzurro in Italia sottolineano i rischi per i bambini. In una lettera aperta l’ad di NSPCC ha esortato gli sviluppatori di Pokémon Go a rivalutare la sicurezza del gioco: grazie alla geolocalizzazione e agli spostamenti i bambini rischiano di essere vittime inconsapevoli di pedofili e malintenzionati. Telefono Azzurro sottolinea come i rischi siano concreti e ricorda l’episodio del Missouri dove tramite l’applicazione quattro rapinatori armati hanno attirato e derubato 11 adolescenti in una zona isolata. Sì, perché Pokemon Go è basato sull’utilizzo dell’abbinamento fra la app, il Gps e la fotocamera dello smartphone e si basa sull’obiettivo di “inseguire” i mostri proiettati nel mondo reale all’interno di uno spazio che può essere il proprio quartiere ma anche un museo o una qualsiasi strada. Ciò comporta che tramite geolocalizzazione chiunque può rintracciare un giocatore.
Oltre a ciò, c’è anche chi lo definisce un gioco allucinogeno come Lsd. A sostenere questa tesi è Margherita Spagnuolo Lobb, psicoterapeuta direttrice dell’Istituto di Gestalt HCC Italy. La dott.ssa Spagnuolo Lobb paragona l’app alla diffusione dell’Lsd negli anni Settanta: «L’uso di questo allucinogeno era sostenuto dall’idea umanistica di sviluppare il potenziale umano. La grande differenza è che allora l’esperienza allucinatoria, pur essendo personale e soggettiva, veniva vissuta in gruppo, ed era una pratica ristretta a questa realtà. L’allucinazione data dall’immersione nella realtà aumentata di Pokémon GO, invece, non è un’esperienza di gruppo, ma singola e personale, e quando il giocatore vi è immerso, non ha accanto nessuno che lo protegga dai pericoli del mondo reale». La psicoterapeuta spiega che, a differenza dell’Lsd, questo gioco non è dannoso dal punto di vista biologico: non vi sono, quindi, rischi di dipendenza fisica e di alterazioni metaboliche. «È, però, dannoso dal punto di vista sociale: i cacciatori di Pokémon non sono indeboliti da sostanze psicotrope, hanno il pieno possesso delle proprie facoltà fisiche, ma non hanno più la capacità di tenere conto dei limiti reali del contesto in cui giocano».