Roma, 5 dic. (TMNews) – “Credo di poter dire che, ascoltando ieri in conferenza stampa interventi dei rappresentanti del governo, ho colto un impegno, una fatica e una tensione morale per cui esprimo rispetto”. All’indomani dell’approvazione del pacchetto anti-crisi da parte del consiglio dei ministri, Giorgio Napolitano non si sbilancia oltre sull’attività dell’esecutivo Monti. “Non ho mai commentato nel merito le scelte e le decisioni del governo in carica, qualunque fosse, e non lo farò neanche questa volta perché le valutazioni di merito sui provvedimenti spettano alle forze politiche in Parlamento”, dice il capo dello Stato ai giornalisti che gli chiedono un parere sul dl Monti al termine della cerimonia per la giornata del Volontariato all’Auditorium della Conciliazione. Di fianco a Napolitano, il ministro del Welfare, Elsa Fornero: “Mi associo alle belle parole”, sottolinea.
Il grosso è fatto, ma al Quirinale c’è la consapevolezza che adesso si apre il passaggio forse più complicato. La firma di Napolitano al decreto arriverà solo domani, in quanto si è reso necessario un surplus di esame per correggere questioni redazionali, relative a riferimenti normativi non al merito delle questioni proposte. Dopo la firma, il pacchetto, che oggi ha incassato il plauso delle borse e dell’Europa, dovrà essere licenziato dal Parlamento: ed è questa la parte più ardua da gestire. Perchè non sfuggono al Colle i distinguo dei partiti, emersi nel dibattito di oggi alla Camera e al Senato, con i continui riferimenti al voto di fiducia, tra chi – come Silvio Berlusconi – la chiede come condizione per votare il pacchetto, e chi – come il Pd – non la disdegnerebbe, ma per ora punta a emendare il testo.
Il ricorso alla fiducia non ha mai entusiasmato il capo dello Stato, com’è noto dai suoi diversi interventi sul tema. E’ chiaro che, dopo i continui appelli alla coesione negli ultimi mesi, il presidente della Repubblica preferirebbe che in Parlamento si materializzasse un concorso corale di forze in grado di sostenere “l’impegno” del governo. Ma non sfugge che la strada non è piana, anzi è densa di variabili: dalla Lega che provoca il Pdl sulla via dell’opposizione, al Pd che non può non guardare alla Cgil che ha dichiarato 4 ore di sciopero per lunedì prossimo, dopo le due ore indette a loro volta da Cisl e Uil. Un quadro non semplice nel quale l’unico che chiama ad una coresponsabilità delle forze politiche sulla manovra economica è Pier Ferdinando Casini, il quale non a caso ha proposto un coordinamento dei gruppi parlamentari per concordare eventuali modifiche prima del voto finale.
Si lavora agli incastri. Si incassa con soddisfazione il rialzo delle borse e il calo dello spread al di sotto dei 400 punti, livello che non si registrava dalla fine di ottobre. Ma senza facili entusiasmi. Come il capo dello Stato ricorda ad ogni occasione, la crisi è “grave”, sarebbe illusorio concludere ora di averla superata. Molto diranno le prossime aste dei titoli pubblici italiani: in questo senso la prossima settimana dovrebbe dare segnali importanti.
Mau
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