Evidentemente per Marco Rizzo l’Unione Sovietica era, come è stata per generazioni di comunisti, la patria ideale, il miglior sistema politico e sociale del mondo, il paradiso della classe operaia. E che Mikhail Gorbaciov, nel terremoto geopolitico seguito alla caduta del Muro di Berlino, abbia, non senza difficoltà, messo fine a un “sogno” che per molti era emblema di dittatura, deportazioni e minaccia bellica, non lo ha mai accettato, eleggendolo a campione del tradimento storico.
Era noto come il segretario dell’attuale Partito Comunista la pensasse sulla vicenda, ma che nel giorno della morte dell’ex presidente Urss si lasciasse andare come un hater da tastiera qualunque non era prevedibile.
“Era dal 26 dicembre 1991 che avevo aspettavo di stappare la migliore bottiglia che avevo“. Ha scritto Rizzo in un post su Twitter, citando la data che segnò la fine dell’Unione Sovietica e pubblicando la foto di un tappo che salta da una bottiglia, evidentemente per festeggiare l’occasione. Oltre 2mila i commenti arrivati in poche ore, molti dei quali per criticare l’uscita di Rizzo, candidato alle elezioni con la sua lista “Italia sovrana e popolare”, una sortita che nella più comprensiva delle interpretazioni è stata giudicata una caduta di stile, umanamente triste e politicamente infantile.