Apprendo da Repubblica che la Società Pedemontana conta 123 dipendenti: 5 lavoratori a chilometro. Un numero che, almeno per ora, risulta decisamente elevato, viste la non facile situazione finanziaria e la brevità del tratto oggi percorribile. La notizia fa pensare. Anche perché gli attuali garanti dell’opera sono Roberto Maroni e il presidente Antonio di Pietro: due politici che hanno sempre posto la lotta agli sprechi tra le proprie stelle polari. Il governatore crede nella competenza dell’ex
PM in ambito infrastrutturale e nel buon lavoro da lui svolto come ministro dell’era Prodi. Con buona pace dei tanti lombardi che considerano quella di Di Pietro l’investitura meno leghista che si possa immaginare. Ma Bobo si spinge oltre, definendo “un’ottima scelta” l’eventuale nomina del Pd Errani a commissario del dopo terremoto. Al contrario di Matteo Salvini, che boccia l’ex governatore dell’Emilia, preferendogli il prefetto Tronca. Insomma, non serve un politologo per notare la distanza tra i due big della Lega: dove Salvini appare perentorio e critico, Maroni si mostra morbido e conciliante. E la scusa per cui l’uno agirebbe più da oppositore e l’altro più da amministratore non regge. Perché le divergenze sono anche politiche: vedasi la diversa reazione di fronte a Stefano Parisi, “ricucitore” del centrodestra che nello stesso giorno ha incassato lo scetticismo di Salvini e la fiducia di Maroni. Evidentemente, gli abbracci visti al congresso provinciale di Varese sono un lontano ricordo. Oggi, alla base del Carroccio, tocca scegliere tra due modi di essere leghista: uno combattivo, l’altro accomodante.