– È il vincitore del premio Grignetta d’Oro 2015.
Classe 1984, residente nel rione di San Carlo, diplomato allo scientifico Galileo Ferraris, dal 2006 è membro del prestigiosissimo gruppo dei Ragni di Lecco, lo stesso di .
Il giovane, alpinista di professione, è stato selezionato in una lista di 41 scalatori italiani – da una giuria formata da , ,, , e – per «il percorso, intenso, progressivo, di alta qualità e difficoltà, con cui ha dimostrato di mettersi in gioco per raggiungere obiettivi sempre diversi, portando la sua ricerca non solo su quei terreni verticali, difficili, in quota, classici dell’alpinismo, ma anche affrontando elementi diversi come il Mare Artico, rendendo così il suo alpinismo un’esperienza esplorativa più ampia, matura e completa».
«Ricordo l’ultima edizione del premio, che si svolse nel 2006 – afferma Matteo – Quella giornata per me ha coinciso con la prima volta che vedevo l’élite dell’alpinismo italiano. Ero rimasto colpito da Rolando Larcher e Rossano Libera che sono i miei punti di riferimento. Aver vinto per me è stata una grandissima soddisfazione». Ad applaudire più forte di tutti, seppur idealmente, è stato, il padre di Matteo, insegnante del Cai di Malnate scomparso nel 2007 in un incidente di montagna.
Era l’8 dicembre e, con un amico, stava scalando l’Antimedale, una parete del monte San Martino sopra Lecco, dal quale cadde in uno strapiombo di 150 metri.
A lui Matteo ha dedicato il premio: «Mio papà è la persona con cui ho iniziato a scalare a 14 anni, quando ero un ragazzino. A lui questo premio avrebbe fatto davvero piacere».
Prima le pareti del Campo dei Fiori. Poi le Alpi, le Dolomiti, il Monte Bianco, fino ad andare in Patagonia, in Groenlandia e in Pakistan. Le cime sono la passione che il padre ha lasciato in eredità a Matteo, trasformandolo in un vero «cacciatore di libere». Matteo si è laureato in ingegneria gestionale nel 2008 alla Liuc. Poi ha lavorato in un centro di ricerca e, nel 2012, ha deciso di dedicarsi solo all’arrampicata, il sogno della sua vita.
Da lì la scelta di andare a Lecco, dove ci sono le pareti più belle e dove il gruppo dei Ragni gli avrebbe concesso di crescere molto come alpinista, ma anche come esploratore.
«D’altronde se vuoi arrampicare e andare in montagna devi essere disposto a fare molti di chilometri» dice Matteo, che è stato protagonista di tante imprese. Nell’estate 2014, per esempio, è andato nella costa est della Groenlandia per una spedizione «mitica», tra gli orsi polari.
«Siamo partiti dall’ultimo villaggio con i kayak trasportando tutto quello che ci serviva – racconta – Abbiamo camminato per 25 chilometri e poi aperto, su una parete, una nuova via di 900 metri».
In Patagonia Matteo è stato cinque volte, anche per lunghi periodi. Vi ha trascorso 150 giorni in tre anni. Ed è quello il Paese che gli ha lasciato gli insegnamenti più grandi.
«Siamo riusciti a raggiungere la Torre Egger quando ormai tutto sembrava remare contro – conclude il “ragno” varesino – Il successo è arrivato quando meno ce lo saremmo aspettato. Questa esperienza mi ha insegnato che bisogna crederci sempre. La perseveranza, alla lunga, paga».