Acqua torbida, stagnante, densa al punto da non riuscire a fluire. E poi il puzzo penetrante di marcio. Non è dei più sgargianti il quadro che negli ultimi tempi caratterizza soprattutto la sponda ovest del lago di Varese, dalla Schiranna a Gavirate fino a Bardello.
Al blu che riverbera il sole si accompagnano ampi tratti di marrone che riflettono solo gli sguardi perplessi dei frequentatori, un po’ attoniti nell’osservare la patina “fangosa” – spessa circa trenta centimetri in alcuni punti – che sta stritolando le sponde ed ha un solo responsabile: le alghe.
Alle prime luci del mattino, tra persone che passeggiano, pescano o fanno jogging sulla ciclabile, sembra quasi di poter camminare su questo tappeto di sedimenti comparso non da ieri, ma più evidente in questi ultimi giorni che hanno concesso un po’ di sole.
Nello spaesamento iniziale alla vista del poco apprezzabile spettacolo, in molti si sono chiesti se non fosse il fango trasportato dagli immissari la causa del fenomeno, oppure – nella peggiore delle ipotesi – addirittura lo sversamento abusivo di sostanze da parte di qualcuno.
A fugare ogni dubbio ci pensa una di quelle persone che il lago lo osserva ogni giorno e lo fa da molto vicino, visto che su quelle acque ci vive, ci lavora e le ama: «Si tratta di alghe, quelle rosse e quelle verdi – spiega il pescatore , uno dei quattro che ancora manda avanti la pesca sul nostro bacino – Quest’anno fioriscono senza soluzione di continuità, poi emergono in superficie e marciscono con il caldo, provocando lo strato che si ferma nei pressi delle rive». Bisogna innanzitutto ringraziare la pioggia: l’acqua che scende dal cielo riempie di ossigeno quella del lago, favorendo la proliferazione perché combinata con i nutrienti che entrano nel bacino a causa degli sversamenti fognari, una sorta di cibo per le alghe.
«Ed è un paesaggio non proprio bello da ammirare – si lamenta Zanetti, senza essere il solo – È quasi vergognoso lavorarci dentro, pur non creando particolari ostacoli alla pesca. Speriamo che smetta di piovere in modo da arrestare il processo di fioritura e tornare alla normalità».
Lo strato di alghe ieri faceva capolino soprattutto a Gavirate, nel tratto davanti alla Canottieri ed in quello adiacente alla ciclabile in direzione Bardello. Anche alla Schiranna però l’effetto era evidente, con il materiale decomposto che si accumulava nei pressi del Lido, creando uno scenario simile a quello dei golfi del Mare del Nord quando si verificano le basse maree giornaliere.
La versione del pescatore è confermata anche dalla scienza per bocca di , ordinario di Zoocolture alla facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali dell’Insubria di Varese e docente di Acqualcoltura, Biotecnologie animali e di Etologia: «Quello che si vede in superficie è precisamente un film batterico – spiega – Sono batteri che stanno “digerendo” le alghe nel loro processo di decomposizione».
Oltre al meteo di questa insolita estate è necessario andare un po’ più in là per decifrare il problema, lo ammette anche Saroglia: «La questione fognaria esiste: quando il collettore sversa, il lago si riempie di nutrienti che coltivano le alghe. La soluzione potrebbe essere quella di far confluire tutto nel depuratore, ma non è mai stata adottata».
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