Meno tasse: è questo l’unica, vera richiesta degli imprenditori. Perché non c’è grattacapo, disagio, rottura di scatole burocratica o disservizio che possa reggere il confronto con il peso che provoca sull’imprenditore la presenza di un socio occulto, spesso il socio di maggioranza assoluta, qual è lo Stato italiano, con un prelievo fiscale che non ha pari nel mondo. Non è questione di guardare soltanto al “soldo”, si tratta della sostanza vera per cui l’imprenditore si fa tale.
Il guadagno, il riscontro economico, rappresenta il riconoscimento al lavoro che ciascuno compie, e rappresenta il senso ultimo per cui un ex dipendente decide di mettersi in gioco, rischiando del proprio e a volte mettendo a rischio risparmi e anche serenità familiare, con l’obiettivo di dare un futuro più roseo a sé e alla propria famiglia.
Ecco perché quando chiediamo agli imprenditori quale sarebbe la prima delle riforme da invocare alla politica, la risposta arriva quasi naturale: meno tasse. E quanto sia sentito lo si percepisce dallo sconforto che assale gli imprenditori quando ricordano il giorno in cui arriva la “sentenza” del commercialista e scoprono quanta parte di sudore, lavoro, impegno, stress, del loro rimboccarsi le maniche e “sbattersi” si è trasformato in un riconoscimento economico concreto e in quanto invece è andato a finire nelle casse di uno Stato che raramente dà prova di meritarsi anche solo una parte di ciò che si porta via.