Il Meo è tornato a casa. Concetto labile, variamente interpretabile, utilizzabile e ricamabile: noi ci proviamo, cercando di non tralasciare nulla.
Il Meo è tornato a casa perché a vederlo sbucare dall’ascensore della redazione sembra di accogliere un vecchio amico, informale com’è per costituzione dell’anima, modo di porsi, abbigliamento e confidenza regalata a pieno cuore. Il Meo è tornato a casa perché prima di parlare di basket ci si mette una buona mezz’ora: il coach di Altamura vuole sapere tutto sul Varese Calcio, sul nostro giornale, su ciò che succede in città. Il Meo è tornato a casa perché
la parola Varese esce quasi ad ogni risposta: sia un ricordo, un collegamento, persino un lapsus, del quale – peraltro – Freud andrebbe fiero. Il Meo è tornato a casa perché quella dimora a Luvinate, dal cui belvedere si potevano ammirare quattro laghi, non sarà stata l’Alghero accarezzata dal Libeccio, ma sapeva far emozionare. Il Meo è tornato a casa perché Varese è un pallino anche di Olimpia, Lady Sacchetti, l’indispensabile metà di quest’omone che la vita ha prestato alla storia del basket.
Il Meo è tornato a casa perché da novembre allenerà la nazionale italiana di basket. E, almeno su questo sarete d’accordo, quella è la casa di tutti.