Perugia, 29 giu. (TMNews) – “Non si condivide la conclusione sulla attribuzione del profilo rilevato alla vittima Kercher Meredith, poiché il profilo genetico appare inattendibile”. In pratica, non è affatto certo che il Dna rilevato sul coltello sequestrato in casa di Raffaele Sollecito, e ritenuto l’arma del delitto, sia quello di Meredith Kercher. E’ la sorprendente valutazione a firma dei periti Carla Vecchiotti e Stefano Conti della Sapienza di Roma, nominati dalla Corte d’Appello di Perugia nell’ambito del processo di secondo grado ad Amanda Knox e Raffaele Sollecito, condannati in primo grado a 25 e 26 anni di carcere per avere ucciso la studentessa inglese. I periti che hanno consegnato oggi la nuova relazione, riferendosi in questo caso al coltello, considerato in primo grado proprio l’arma del delitto, che fu sequestrato in casa Sollecito. La perizia verrà discussa in aula il 25 luglio prossimo.
Sulla punta della lama dunque non ci sarebbe il Dna della vittima Meredith, mentre le perizie, la vecchia e la nuova, concordano sulla presenza del Dna di Amanda Knox sull’impugnatura del coltello, che di norma veniva utilizzato in cucina dai due ex fidanzati. I periti poi scrivono che i primi risultati appaiono “inattendibili in quanto non supportati da procedimenti analitici scientificamente valicati”. Sulla lama del coltello “non sussistono elementi scientificamente probanti la natura ematica”.
L’altro oggetto di perizia, considerato fondamentale per collocare anche Sollecito nella scena del delitto in via della Pergola, era il gancetto del reggiseno della vittima sul quale si sarebbe trovato il Dna di Raffaele Sollecito. “Non sussistono elementi scientificamente probanti – scrivono nella perizia gli esperti – della presenza di presunte cellule di sfaldamento sul reperto. Inoltre vi è stata una erronea interpretazione del tracciato elettroforetico sia sugli STRs autosomici sia di quello relativo al cromosoma Y”.
I periti poi rimettono in discussione anche la tesi dell’impossibilità di una contaminazione dei reperti sostenuta dalla Procura della Repubblica: “Non si può escludere che i risultati ottenuti possano derivare da fenomeni di contaminazione ambientale e/o di contaminazione verificatasi in una qualunque fase della repertazione e/o manipolazione di detto reperto”, concludono. Nella relazione si evince infine che “non sarebbero state eseguite le procedure internazionali di sopralluogo, raccolta e campionamento”.
Bnc/Apa
© riproduzione riservata