Denuncia una rapina poi ritratta: finisce a processo per simulazione di reato ma viene assolto. La ritrattazione auto accusatoria era stata verbalizzata senza la presenza del difensore, come vuole la legge. E così, della falsa denuncia, non c’erano prove da portare a processo: il pubblico ministero d’udienza ha chiesto la condanna ad un anno, ma il giudice non ha potuto fare altro che assolvere. I fatti. L’imputato è un commerciante a Carnago.
Nel 2007 denuncia di essere stato vittima di una rapina. Stando alla sua versione stava rincasando alla guida del suo furgone, sul sedile del passeggero aveva un borsone con l’incasso della giornata. Lungo la strada da Carnago a Solbiate Arno vede un ciclista che gli fa cenno di fermarsi. Lui, credendo che l’uomo fosse in difficoltà, frena e si ritrova con un punteruolo puntato addosso. Il rapinatore-ciclista gli intima di consegnare i soldi, poi afferra il borsone attraverso il finestrino aperto e fugge. In bicicletta. Il commerciante denuncia tutto ai carabinieri ma nella sua versione qualcosa non quadra. Perché non ha cercato di inseguire il rapinatore-ciclista con il suo furgone? Perché ha lasciato passare un’ora prima di denunciare l’accaduto? L’uomo avrebbe poi ritrattato la sua denuncia ma non alla presenza del suo avvocato. Per la legge la verità sull’accaduto è inammissibile in tribunale. L’unica speranza era rappresentata dalla testimonianza della moglie che avrebbe potuto raccontare la verità. Ma in quanto consorte la donna si è avvalsa della facoltà di non deporre in aula. Il marito, contumace, è stato assolto. Resta il dubbio sul perché della rapina simulata visto che al commerciante non è mai stata contestata un’accusa di truffa ai danni dell’assicurazione.
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