MILANO – “La sfida del Partenariato Pubblico Privato” è il titolo della due giorni di alta formazione in corso a Palazzo Reale e organizzata da UPEL Italia, l’Unione provinciale enti locali, l’associazione che fornisce supporto, formazione e assistenza tecnica ad oltre 500 amministrazioni comunali, e realizzata con il patrocinio di Consiglio di Stato, Regione Lombardia e Comune di Milano. I lavori sono stati aperti ieri dall’assessore alle Risorse finanziarie, economiche e patrimoniali del Comune di Milano, Emmanuel Conte, dalla giudice del Tar Toscana, Flavia Risso, dal presidente di Sezione del Consiglio di Stato, Giancarlo Montedoro e dal direttore generale di UPEL, Claudio Biondi.
Con oltre 200 persone presenti e decine in collegamento, oggi, nella seconda giornata di dibattiti sul partenariato sono moltissimi gli ospiti e i rappresentanti del mondo accademico, delle istituzioni e della magistratura presenti per confrontarsi sul piano giuridico, amministrativo ed economico. Un incontro che si pone un obiettivo ambizioso, come si spiega nella presentazione del convegno: trovare una nuova forma di dialogo tra pubblico e privato, basato sull’etica e “su nuove relazioni che eliminino due dei maggiori vizi che possono inquinarlo: da un lato l’eccesso di autoritarismo e, dall’altro, il tentativo del privato di trarre profitti ulteriori rispetto a quelli spettanti per l’attività svolta”.
In Italia il partenariato pubblico privato è espressivo dell’articolo 2 della Costituzione sui principii di solidarietà e dell’articolo 118, comma 4, in merito alla sussidiarietà orizzontale, mentre le origini di questo strumento risiedono nel Regno Unito, in cui l’interesse generale può essere perseguito attraverso la costituzione di una relazione duratura di carattere collaborativo tra il soggetto pubblico e privato. In un periodo come quello attuale, caratterizzato da una notevole contrazione delle risorse economiche e da un elevato indebitamento pubblico, il PPP potrebbe essere la soluzione, una mera utopia o una sfida in termini valoriali?
“Un momento di riflessione importante soprattutto per una città – ha detto Conte – che ha nel suo Dna la collaborazione fra pubblico e privato, se si pensa che la Galleria Vittorio Emanuele, che ha 160 anni, nasce come un partenariato pubblico privato, così come, arrivando all’oggi, anche una infrastruttura strategica come la linea M4 è nata con questo tipo di strumento. Il partenariato va immaginato come un istituto adeguato ai nostri tempi e, senza perdere le stelle polari della trasparenza, dell’efficacia e dell’efficienza, occorre renderlo sempre più semplice e capace di dare risposte concrete in tempi più certi. La sfida è importante. Le grandi città oggi sono costrette a rispondere a problemi globali con strumenti locali, quindi inadeguati. Avere una leva sempre più efficace e veloce, che consenta alle amministrazioni di lavorare agevolmente, offre la possibilità di rispondere a questo tipo di sfide”.
“In questo convegno – ha detto Flavia Risso, giudice del Tar Toscana e membro del comitato scientifico del convegno – non vogliamo solo capire se il partenariato sia davvero lo strumento più efficace per soddisfare i bisogni della collettività, ma vorremmo esplorare le sue radici più profonde che affondano nel principio di solidarietà e sussidiarietà orizzontale al fine di riscoprire il valore dell’essere umano e dei relativi rapporti sociali”.
“È uno strumento che invita tutti a collaborare nell’interesse generale – sottolinea Giancarlo Montedoro, presidente di Sezione del Consiglio di Stato – Nel tempo di crisi che stiamo attraversando il partenariato pubblico privato può segnare una piccola, ma significativa, inversione di tendenza. Non nel senso del capitalismo woke ma nel senso del recupero di quella vista lunga che è necessaria perché l’economia torni più a misura dell’uomo”.
Come ricorda Claudio Biondi, direttore generale di Upel Italia, “UPEL vuole aiutare gli Enti locali a conoscere maggiormente il valore del partenariato pubblico privato. I Comuni sono stati impegnati per anni a reperire risorse per realizzare opere pubbliche e per costruire quel patrimonio necessario a far sviluppare il proprio territorio. Oggi, invece, le esigenze sono diverse: la questione centrale è la gestione vera e propria del servizio pubblico anche attraverso l’utilizzo del patrimonio già disponibile, che indubbiamente rappresenta una parte significativa delle risorse nazionali, costituite sia da beni di notevole valore architettonico, sia da beni strumentali di minor pregio, indispensabili entrambi per l’erogazione dei servizi alla collettività (scuole, caserme, uffici)”.
Ma in quale modo la ‘sfida’ del partenariato potrà risolversi, o meno, in successo, e incidere in maniera significativa nei settori di sanità, sport e cultura? Sergio Foà, ordinario dell’Università di Torino nel suo intervento ha posto l’attenzione sul termine ‘sana’ quando si tratta di “relazione tra pubblica amministrazione e privato”, sapendo affrontare in maniera incisiva i “due nodi che rischiano seriamente di minare il rapporto tra i soggetti coinvolti. Il primo riguarda il tentativo del privato di trarre profitti ulteriori rispetto a quelli spettanti per l’attività svolta, gravando indebitamente sul bilancio pubblico. Il secondo riguarda l’eccesso di autoritarismo amministrativo, correlato agli aggravamenti burocratici”.