Miracoloso unguento del curato Resiste la tradizione a Varese

VARESE Bosto ha salutato don Giola, ma non “l’unguent dul curàt da Bost”. Saputo che il parroco emerito della chiesa di San Michele arcangelo tornava al paese natio, in molti si sono domandati che fine avrebbe fatto il “preparato del curato”.

«Si tratta di un unguento benedettino che da tempo immemore, certamente dagli anni ’40, tutti sanno di poter trovare tramite il prete di Bosto» spiegano i parrocchiani più longevi, “rovistando” tra i ricordi d’infanzia.

È una cura semplice e naturale, quello che il sacerdote aveva trovato nell’unguento benedettino per uso esterno, a base di olio e cera d’api, tutt’ora prodotto dall’abbazia di san Benedetto di Seregno.

Chi lo conosce come “il cerotto del curato”, probabilmente fa riferimento all’uso che se ne fa per pulire la pelle. Con una frizione di alcol o olio di oliva, infatti, si toglie ogni traccia di cerotto. Un rimedio “della nonna”, di quelli di una volta, che funziona per piccoli malanni diversi; utile per estrarre spine o schegge, per lenire il dolore per cadute, contusioni o persino mastiti.

Una tradizione che è rimasta inalterata anche per i successori don Carlo, don Fiorino e don Pietro, tanto che ancora da tutta Varese e da fuori città in molti hanno come riferimento la parrocchia per rintracciare il rimedio naturale. Un costume che, come confermano i parrocchiani, non cambierà.

e.marletta

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