MO; Hamas-Fatah, riprendono negoziati ma la tensione e’ forte


Gerusalemme, 26 apr. (Apcom)
– In un clima teso, Hamas e Fatah, il partito del presidente palestinese Abu Mazen, riprendono questa sera al Cairo i colloqui per la “riconciliazione nazionale” dopo la grave frattura tra le due forze politiche seguita alla presa del potere a Gaza da parte del movimento islamico nel giugno 2007. I mediatori egiziani, capeggiati dal generale dei servizi segreti Omar Suleiman, rivolgeranno un appello alle due parti affinche’ facciano ogni sforzo per arrivare ad un accordo per la formazione di un governo palestinese di unita’ nazionale. Tuttavia le possibilita’ che Hamas e Fatah trovino punti di intesa sulle principali questioni in discussione sono davvero minime.

Pesano peraltro le ultime dichiarazioni del Segretario di stato. Gli Stati Uniti, ha precisato Hillary Clinton, collaboreranno con il nuovo governo palestinese solo se accettera’ le tre condizioni poste dal Quartetto (Usa, Russia, Ue e Onu): riconoscimento di Israele, fine della lotta armata, accettazione degli accordi siglati in passato da Anp e Stato ebraico. Condizioni che Hamas non ha alcuna intenzione di accettare pur manifestando la volonta’ di trovare una intesa con Fatah che riconosce e dialoga con Israele.

Si parla percio’ di colloqui decisivi. Se non si raggiungera’ un accordo, la spaccatura tra le due parti potrebbe aggravarsi ulteriormente, con esiti imprevedibili. Negli ultimi giorni i servizi di sicurezza dell’Autorita’ nazionale palestinese (Anp), formati in buona parte da attivisti e simpatizzanti di Fatah, hanno arrestato in Cisgiordania decine di presunti militanti di Hamas che vanno ad aggiungersi agli oltre 200 incarcerati nei mesi scorsi. Da parte sua Hamas viene accusato di aver chiuso ogni spazio politico a Fatah a Gaza e un rapporto di Human Rights Watch ha denunciato l’uccisione o la gambizzazione di almeno 32 attivisti del partito di Abu Mazen nelle settimane durante e immediatamente successive alla recente offensiva israeliana a Gaza.

Il generale egiziano Suleiman stasera illustrera’ alle due parti nuove proposte per superare le differenze ma Hamas ha gia’ fatto sapere che le anticipazioni in suo possesso non lasciano sperare in una soluzione di compromesso, a cominciare dall’affidamento del potere esecutivo ad una sorta di “comitato governativo” guidato da Abu Mazen. Un portavoce di Fatah invece ha accusato l’Iran di manovrare dietro le quinte e di imporre condizioni ad Hamas volte ad impedire il raggiungimento di una intesa tra i due principali partiti palestinesi.

/> I nodi principali della trattativa sono i
l riconoscimento da parte di Hamas dello Stato ebraico che Fatah ufficialmente non pone come condizione ma che ritiene necessario per ottenere l’appoggio della comunita’ internazionale alla causa dell’indipendenza palestinese. Subito dopo c’e’ la riorganizzazione dell’Olp (Organizzazione per la liberazione della Palestina), la massima istituzione palestinese, di cui Fatah vorrebbe conservare il controllo pur non avendo piu’ la maggioranza dei consensi palestinesi. Infine c’e’ la questione spinosa dei servizi di sicurezza. Hamas non ha alcuna intenzione di smantellare la sua milizia a Gaza (Tanfisiya) mentre Fatah non vuole rinunciare ai corsi di addestramento in Giordania, finanziati dagli Stati Uniti, ai quali partecipano i reparti speciali dell’Anp composti in prevalenza da suoi attivisti.

“L’ostacolo principale alla riconciliazione e’ rappresentato dall’atteggiamento di Fatah che vuole portare avanti l’agenda politica di Israele e Stati Uniti”, ha affermato un portavoce di Hamas, Fawzi Barhum. “Il problema nasce dall’influenza iraniana e dalla sete di potere di Hamas”, ha ribattuto un dirigente di Fatah. Toni che non lasciano immaginare un risultato positivo alla fine dei colloqui del Cairo. “Le due parti non hanno fatto tesoro di cio’ che di drammatico e’ avvenuto a Gaza in questi ultimi mesi – lamenta l’analista palestinese Ghassan Khatib – ma, piu’ di tutto, non tengono in alcun conto del desiderio della popolazione di veder ricostituita l’unita’ nazionale”.

Una mancata soluzione della crisi interna palestinese rischia peraltro di allontanare ulteriormente l’avvio della ricostruzione della Striscia di Gaza devastata da tre settimane di offensiva militare israeliana. Al vertice di Sharm el Sheikh i Paesi donatori, arabi ed occidentali, hanno promesso aiuti per oltre 4 miliardi di dollari a patto che a gestirli non sia Hamas. La soluzione potrebbe essere la formazione di un governo tecnico, con ministri non nominati dai partiti, ma questa soluzione invocata da piu’ parti non soddisfa nessun in Hamas e Fatah.

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