Roma, 22 set. (TMNews) – Hugo Boss era lo stilista preferito da Adolf Hitler, tanto che vinse l’appalto per fornire uniformi a tutti i militari nazisti durante la Seconda guerra mondiale. La cosa era risaputa, ma finora la casa di moda aveva sempre sostenuto che i rapporti politici del suo fondatore col Fuhrer fossero dettati dalla volontà di salvare l’azienda. Un nuovo libro intitolato ‘Hugo Boss 1924-1945’ – scritto dallo storico dell’economia dell’Università di Monaco Roman Koester e commissionato dalla stessa casa di moda – rivela oggi che l’ex patron del marchio non solo fu un convinto nazista ma arrivò a sfruttare come manodopera ben 180 prigionieri di guerra (140 polacchi e 40 francesi), presso lo storico stabilimento di Metzingen nel Baden-Wurttemberg per confezionare le uniformi della Wehrmacht.
Così, oltre 60 anni dopo, l’azienda è stata costretta al mea culpa, pubblicando sul suo sito Web una nota in cui esprime il suo “profondo rammarico nei confronti di quelle persone che hanno sofferto un forte disagio o vissuto pericoli mentre lavoravano nell’azienda di Hugo Ferdinand Boss sotto il regime nazional-socialista”. Il libro, che ripercorre la vita dell’uomo che fondò l’azienda di abbigliamento nel 1924, ricorda che già nel 1933 la sua compagnia era il fornitore ufficiale del partito nazionalsocialista tedesco e dal 1938 cominciò a produrre uniformi per l’esercito e per le Waffen SS.
I prigionieri, come riferisce il sito tedesco in lingua inglese The Local (ripreso dai principali organi d’informazione britannici) vivevano in un campo di concentramento vicino all’officina, in condizioni precarie, con poco cibo e ritmi di lavoro massacranti. Dopo la fine della guerra Boss fu processato e multato per il suo coinvolgimento con gli apparati di potere del regime. Morì nel 1948 e da allora la griffe di Metzingen cominciò la produzione di vestiti per uomo, settore in cui divenne prima leader nazionale e poi uno dei marchi più famosi al mondo.
Spr
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