– «La memoria è il mattone con il quale si costruisce la storia». Questo era l’attacco dell’editoriale di , apparso sul numero di mercoledì, che parlava di monsignor Pasquale Macchi, varesino illustre a cui la sua città non ha ancora intitolato nessun luogo per onorarne la memoria. Eppure chi lo ha conosciuto ne sente il bisogno, come , per quasi 30 anni splendido capo dei Monelli della Motta: «Monsignore merita una via o una piazza e la sua presenza è ancora viva in chi ha potuto incontrarlo, scoprendone il carattere».
Com’era Pasquale Macchi? «Una persona – risponde Monti – di estrema sensibilità e fermezza nelle sue decisioni. Operava per una visione cristiana ed educativa della vita e aveva capacità di carità, anche senza metterlo in evidenza, perché era sempre in prima linea per aiutare e confortare i bisognosi».
«Monsignor Macchi vive in tutti noi»
02 Ott 2015
di
1 minuto di lettura
L’appello di Angelo Monti, storica guida dei Monelli della Motta: «Questa città non può dimenticarlo. Eravamo vicini di casa, premiò mio padre infermo. Assurdo che Varese non lo abbia ancora celebrato»