Morte Marisa Maldera: tutto rinviato al 15 settembre. «Noi abbiamo paura», dicono Tina e Cinzia Piccolomo. Paura che quel «mostro esca e ci faccia del male». Il mostro per le ragazze è il loro padre: Giuseppe Pippo Piccolomo, 66 anni, già condannato all’ergastolo in via definitiva per l’omicidio di Carla Molinari, assassinata nella sua abitazione di Cocquio Trevisago nel 2009 (le furono mozzate entrambe le mani) oggi accusato di aver assassinato la prima moglie, Marisa Maldera,
morta nel febbraio 2003 in uno strano incidente avvenuto a Caravate. Piccolomo e la moglie, dopo le 2 di notte, fecero un giro in auto. Auto che trasportava una tanica di benzina. Ci fu un incidente. Piccolomo ne uscì illeso, la moglie morì arsa viva. «Ci disse – raccontano le figlie – di avere visto la sua pelle scollarsi dal viso». Dopo 14 anni le due ragazze ieri erano in aula: «abbiamo sempre detto che l’aveva uccisa lui – spiegano – ha patteggiato per omicidio colposo a un anno e 4 mesi. Abbiamo sempre detto che era stato lui. Che l’aveva uccisa per poter stare con la lavapiatti». La giovane marocchina sposata da Piccolomo due mesi dopo la morte della prima moglie.
Per l’accusa fu un delitto passionale e non solo. C’era anche un’assicurazione «della quale non sapevamo niente sino alla morte di nostra madre», spiegano le figlie.
Ieri, davanti al gup Anna Giorgetti Piccolomo avrebbe dovuto andare incontro al proprio destino: rinvio a giudizio, oppure archiviazione in conseguenza del ne bis in idem, ovvero la norma che vieta che una persona sia processata due volte per lo stesso delitto: Piccolomo patteggiò a un anno e quattro mesi per la morte della prima moglie quattro anni fa. C’è stato un vizio di notifica: al figlio di Piccolomo e Maldera, possibile parte civile, non è stata notificata la convocazione per l’udienza. Tutto rinviato al 15 settembre dunque. «È un’angoscia – dice Tina Piccolomo – è stato lui, noi lo sappiamo. Questo rinvio non fa che angosciarci. Tuttavia ci sono voluti 14 anni: siamo al punto di poter aver giustizia per nostra madre. Quindi rispettiamo il lavoro degli inquirenti».
Il 15 settembre il gup dovrà decidere se mandare a giudizio Piccolomo, che potrebbe trovarsi ad affrontare una seconda Corte d’Assise. «Noi sappiamo che è stato lui. E continuiamo a chiedere giustizia. Continueremo a farlo. A prescindere perchè nostra madre merita la verità».