Venezia, 5 set. (Apcom) – E’ un gioco di intarsi, di specchi, di metafore il film di Patrice Chereau ‘Persecution’ in concorso alla 66esima Mostra del Cinema di Venezia. Un uomo ama una donna ma ha paura di non essere comunque abbastanza importante per lei. Un pazzo lo perseguita, dice di amarlo, dove finisce la realtà e comincia la follia? Il film di Chereau si rivela come un puzzle i cui tasselli racchiudono, come Matrioske, altri tasselli e così all’infinito. Cifra semantica la follia, immaginata o veramente vissuta.
“Il personaggio del pazzo – ha spiegato il regista francese in conferenza stampa – non ha nome, non ne ha bisogno e poi perché la sua pazzia è quella di tanta gente, ma potrebbe essere anche quella di Daniel che è immediatamente visible e fa lo stesso errore nel credere che il suo amore così forte sia ricambiato senza chiedere il parere o l’accordo della persona che ama.Il pazzo – prosegue Chereau – deciderà che Daniel sarà l’uomo della sua vita. La paura è una malattia, un dolore che possiamo condividere tutti, la paura di amare ed avere paura di non poter amare senza avere paura. Quel pazzo dice cose sensate proprio perché lui è così vicino al suo sentimento che non può che dire la verità”.
Anche la precarietà delle situazioni è una metafora presente nel film di Chereau.
“C’è una metafora evidente nei cantieri in cui lavora Daniel – spiega ancora – ed è lui stesso un uomo in costruzione. Quando Daniel e Sonia si separano senza violenza, consensualmente assitiamo a una scena armoniosa. Avrei voluto che la separazione fosse dolorosa, perché almeno si può odiare chi ti lascia. Ma avrei scommesso che Daniel dopo la separazione sarebbe stato meglio, fino alla prossima ricaduta”.
Bnz
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