Che cosa possono fare e suo figlio nel tardo pomeriggio dell’ultimo lunedì del 2015? Presi dall’insana curiosità, abbiamo telefonato al nostro collaboratore che a Varese è un’autorità nel mondo della solidarietà e la risposta non ci ha di certo spiazzati: «Stiamo per entrare all’Emirates Stadium per vedere Arsenal-Bournemouth». Roberto, indaffarato nell’organizzazione, lascia il telefono in mano a Marco: il figlio ci prova gusto nel raccontare la loro trasferta inglese che non è di certo iniziata ieri: «Siamo
a Londra da qualche giorno e per la verità saremmo già dovuti essere a Leicester dove arriveremo comunque in tempo per assistere al big match tra la squadra di casa, prima in classifica, e il Manchester City».Perché tanta attenzione per questa partita in programma alle 20.45? Marco Bof ha la risposta pronta: «Perché nel Leicester di c’è
, varesino che era stato preparatore atletico nelle giovanili biancorosse e ora è in testa nel campionato inglese».
La storia di Azzalin, nato a Varese il 3 agosto del 1985 e laureato in Scienze Motorie, meriterebbe la copertina non solo sui giornali sportivi e ce la riassume proprio Bof: «La sua straordinaria palestra è stata proprio nel vivaio biancorosso. Ancora oggi lui si ricorda con piacere che, ai tempi della Primavera guidata da , ci si doveva allenare ogni giorno in un posto diverso: allo stadio, ad Albizzate e via dicendo. Il tirocinio vissuto dove non c’erano i confort o le strutture di società molto più attrezzate, hanno formato Andrea che è davvero un tipo da Varese: per lui l’attaccamento alla maglia e la voglia di lavorare vengono prima di tutto. Tramite , preparatore atletico della Juventus, ha avuto poi l’occasione di approdare al Monaco, con cui ha vinto subito la Serie B arrivando l’anno successivo secondo nel massimo torneo di calcio francese. È a Monaco che ha conosciuto Ranieri, con cui ha lavorato anche nella nazionale greca, nello stesso tempo in cui era stato ingaggiato anche dal Bari di (con cui arrivò secondo all’Europeo under 21 in Israele) Aveva già vissuto esperienze di primissimo piano a livello internazionale e adesso, con il Leicester, è addirittura in testa nel campionato inglese».
Bof è innamoratissimo dell’Inghilterra: «Qui il calcio è spettacolare e la prima partita che abbiamo visto in questa breve vacanza di Natale è stata Chelsea-Watford a Stanford Bridge. È finita 2-2 ed è divertente constatare le differenze con il mondo italiano». Sugli spalti le cose sono diverse da quelle che si vedono di solito da noi: «Gli stadi sembrano dei salotti ed entrambe le tifoserie si rispettano, vivendo fianco a fianco, separate da pochi steward. La polizia non è così numerosa come negli stadi italiani, dove, non appena arrivano venti ospiti, bisogna prendere misure di sicurezza particolari e pianificare tempi e modi di ingresso e uscita dall’impianto. In Inghilterra si assiste a uno spettacolo particolare: dai bambini fino ai più anziani tutti indossano sciarpe o magliette delle loro squadre e i sostenitori delle diverse fazioni si mischiano mentre arrivano o escono dallo stadio. Ecco, si va alla partita prevalentemente con i mezzi pubblici: un fiume di gente esce dalla metropolitana con le loro bandiere». Non sono gli ultrà a dettare i ritmi: «Da più punti della curva partono i cori e tutti sono liberi di seguirli».
L’intransigenza è comunque nota in Inghilterra: «Si insiste molto sul divieto di fumo. L’altro giorno, proprio davanti a noi, un ragazzo si è acceso una sigaretta: lo steward l’ha fatto accomodare fuori e non è più rientrato. La stessa cosa ho visto in Italia solo allo Juventus Stadium che, guarda caso, è un impianto di proprietà, come quelli inglesi che non hanno recinzioni o barriere fra un settore e l’altro».Ovviamente Marco Bof, come moltissimi altri uomini di calcio italiani, sogna un futuro in Inghilterra: «La speranza è di diventare dirigente in una squadra inglese. Io mi reputo comunque molto fortunato. Ho incominciato con il pallone a 18 anni e adesso ne ho 27. Con il Varese ho vissuto quattro stagioni in Serie B, lavorando con ottimi professionisti, e ora sono alla Varesina in D, che è pur sempre la quarta serie italiana, e faccio il segretario e team manager della prima squadra». È un compito stimolante per Marco che vuole arrivare in alto: «Alla Varesina ho una possibilità da sfruttare in pieno e tutti i giorni lavoro per migliorarmi. Occorre aggiornarsi sempre e continuare a crescere. L’obiettivo è di tornare tra i professionisti».Il primo amore resta sempre il Varese: «Sono legato a e a e conosco i nuovi dirigenti perché sono tutti varesini. La squadra sta ammazzando il campionato di Eccellenza e spero riesca a vincerlo con anticipo. C’era bisogno di entusiasmo in città e i tifosi sono attaccatissimi al nuovo corso. Ho potuto vedere solo il debutto in Coppa Italia di agosto con il Tradate e l’ultima trasferta con l’Ardor Lazzate. Voglio bene al Varese».Il campionato più emozionante di Bof fino ad ora è stato però senza dubbio quello con la Primavera di Devis Mangia: «Dopo 25 anni di serie minori, il Varese era stato appena promosso in B e doveva ricostituire la Primavera. La squadra era stata fatta all’ultimo momento da , da Giorgio Scapini e da Devis Mangia che hanno fatto un miracolo. Ci si aspettava una stagione dignitosa ma nessuno avrebbe scommesso che ci saremmo giocati lo scudetto nella finale con la Roma, persa per un soffio».I ricordi sono legati a tanti giocatori: «Soprattutto a quelli che poi non ce l’hanno fatta a sfondare, come Pompilio: eppure le cose che gli ho visto fare in campo riescono solo ai grandi talenti». Lazaar è invece il giocatore migliore d’Europa per cross sfornati ai compagni: «Nella Primavera faceva fatica a trovare il posto da titolare e doveva far fronte alla concorrenza con Marchi. Ma lui aveva la testa dura e non ha mai smesso di lavorare e di crederci. Andava in palestra anche durante le feste, come faceva Pisano, un altro grande ex. Io punto a fare lo stesso per sfondare da dirigente».