Reggio Calabria, 20 set. (TMNews) – 11 condanne e 70 milioni di euro di risarcimento danni nei confronti delle parte civili. con queste dure condanne si è concluso a Reggio Calabria il processo di primo grado nei confronti della cosca Pesce di Rosarno, che si celebrava d’avanti al Gup distrettuale Roberto Carrelli Palombi.
La scure del tribunale reggino si è abbattuta contro Vincenzo e Francesco Pesce, zio e nipote, condannati a 20 anni di reclusione e ritenuti i vertici della cosca. Condannati anche due esponenti delle istituzioni il carabiniere Lucio Aliberti che si è visto infliggere 3 anni e poliziotto penitenziario Eligio Auddino che invece è stato condannato a 3 anni e 4 mesi. Per gli altri nove imputati condannati le pene variano dai dieci ai due anni di reclusione.
Il gup distrettuale ha anche condannato gli imputati al pagamento risarcitorio di parte civile. 10 milioni di euro al ministero dell’Interno e 10 milioni di euro alla Regione Calabria, mentre al Comune di Rosarno il Gup ha deciso che andranno 50 milioni di euro. E’ stata anche disposta la confisca di due società di calcio, l’associazione sportiva Rosarno e l’associazione sportiva Cittanova, che sarebbero state gestite dalla cosca Pesce.
Il processo era scaturito dall’Operazione “All inside” ha messo, dunque, nel proprio focus, una delle cosche più importanti della ‘ndrangheta, quella dei Pesce. Proprio in tale contesto è emersa la figura di Giuseppina Pesce, figlia del boss Salvatore Pesce: la donna è stata protagonista, nelle scorse settimane, di un lungo tira e molla sulla sua decisione di collaborare con gli inquirenti.
Nelle indagini vennero coinvolti anche alcuni esponenti delle forze dell’ordine. Due di questi, i carabinieri Carmelo Luciano e Giuseppe Gaglioti, hanno scelto l’ordinario, mentre il carabiniere Lucio Aliberti e l’agente penitenziario Eligio Auddino, hanno scelto di essere giudicati con il rito abbreviato, venendo riconosciuti colpevoli. Si conclude, dunque, con un successo pieno per il rito abbreviato di un processo scaturito da due operazioni dell’Arma dei Carabinieri di Reggio Calabria, che andarono a colpire il potente clan Pesce negli anni scorsi, sequestrando, peraltro, anche un’emittente radiofonica, Radio Olimpia, attraverso cui i membri della famiglia avrebbero comunicato con i congiunti detenuti.
fmc
© riproduzione riservata