Domenica il PalaWhirlpool lo attende con la consueta emozione, per batterlo certo, ma anche e soprattutto per celebrarlo come merita e come il pubblico di Masnago ha sempre saputo fare. Charlie Recalcati arriva a Varese con la sua Montegranaro, squadra che naviga in acque parecchio agitate sia in classifica (è penultima) sia soprattutto a livello societario, con le finanze pressoché esaurite, il ritardo nel pagamento degli stipendi e la conseguente fuga di un paio di pezzi pregiati. Un ritorno a casa, quello che attende domenica il tecnico dello scudetto della stella, che non può non essere un momento ogni volta speciale.
«È assolutamente così. Tornare a Varese, entrare al palazzetto e riassaporare quell’atmosfera è un modo per rinfrescare grandi ricordi e ritrovare tanti amici. Ogni anno cerchio la data sul calendario».
Fra le tante manifestazioni di affetto ricevute nei suoi ritorni al PalaWhirlpool, c’è qualcosa in particolare che l’ha colpita più di tutto?
L’accoglienza che il pubblico varesino mi ha riservato l’anno scorso è stata letteralmente da brividi. Gli applausi, la standing ovation, lo striscione dei tifosi… Mai in passato tutto era stato così intenso, mi sono sentito davvero emozionato e felice, ho avuto la conferma di essere circondato da persone che mi vogliono bene.
Il suo ritorno quest’anno coincide con un momento delicato sia per Varese che per Montegranaro. Da fuori, che idea si è fatto della crisi della Cimberio?
Mi dispiace certamente molto per la situazione che si è creata, però penso che nulla sia ancora perduto, il calendario favorevole credo possa consentire ancora l’accesso ai playoff.
Del resto, viste le scelte fatte a inizio stagione nella costruzione della squadra, non penso ci si aspettasse di ripetere la stagione dello scorso anno. Stefano Bizzozi poi è un uomo e un tecnico molto capace, affidare la squadra a lui dopo Frates mi è sembrata una conseguenza logica.
Nelle ultime settimane lei si è esposto parecchio per denunciare le problematiche che la sua Montegranaro sta vivendo.
Sono stato volutamente fin troppo provocatorio, l’ho fatto per difendere i miei giocatori, evitare che fossero loro ad esporsi, trasmettere il messaggio che io sono dalla loro parte. La normalità è certamente un’altra cosa, ma devo dire che sono ottimista perché, seppur da prospettive diverse, c’è comunque la volontà comune di garantire un futuro a questa società, a prescindere dal risultato sportivo. Certo, la sofferenza c’è, ma nessuno intende mollare. Perdere Collins e Mayo è stato un duro colpo, ma necessario se serve a garantire la sopravvivenza del club. Niente è compromesso, vogliamo lottare per rimanere in serie A.
In passato, un grande come Pozzecco ha ironizzato spesso sul ruolo determinante di sua moglie Giovanna nei suoi successi. Come ha vissuto lo scherzo?
Questa gag col Poz si trascina dai tempi dello scudetto, mia moglie si sente anche gratificata. La verità è che tutta la mia famiglia ha un ruolo speciale, per la grande disponibilità che anche le mie figlie hanno sempre dimostrato nell’accettare ogni mia scelta. Riguardo alle questioni di campo, mia moglie è una grande tifosa, ma non è il suo compito (sorride, ndr) quello di offrire spunti tecnici.
Il basket italiano vive un momento difficile: pochi soldi, poco spazio in tv, con tanto di petizione alla Rai perché conceda maggiori spazi. Che ne pensa?
Dico che prima di chiedere più spazio dovremmo pensare a cosa offriamo noi del basket alle tv per renderci appetibili. Pozzecco era un personaggio a tutto tondo, tanto da meritarsi da Mediaset la chiamata per la conduzione di una trasmissione che nulla c’entrava con la pallacanestro (Candid Camera Show, ndr), ma la sua presenza in tv ebbe comunque il merito di avvicinare al nostro sport un pubblico che non ci conosceva. Stesso discorso si potrebbe fare per Carlton Myers,
che seppe attirare su di sé l’attenzione del mondo della pubblicità. Oggi il basket italiano quali personaggi propone? Il rugby, tanto per fare un esempio, ha Martin Castrogiovanni, testimonial a 360 gradi, e a Roma le partite della Nazionale fanno più di 60mila spettatori. Al basket mancano perfino le strutture, nelle coppe europee vediamo squadre che appartengono a campionati meno prestigiosi del nostro eppure giocano in palazzetti moderni, all’avanguardia, roba che noi possiamo solo sognarci.
Da ex ct della Nazionale, condivide la scelta fatta dalla federazione di rinunciare alla wild card per i Mondiali 2014, visti i costi elevati del pass?
No. Le competizioni internazionali sono una vetrina per i nostri giocatori. Nel 2006 ai Mondiali andammo con la wild card. Io dico che se Belinelli non avesse fatto proprio in Giappone quella partita pazzesca, contro il Dream Team Usa, in Nba ci sarebbe comunque arrivato, ma ci sarebbe arrivato dopo.
Una leggenda metropolitana racconta che un anonimo, grande del basket varesino abbia affermato che con Recalcati in panchina Varese avrebbe superato, un anno fa, la semifinale playoff contro Siena…
Vorrei sapere chi è questo personaggio per potergli offrire una cena… Certamente mi sarebbe piaciuto vivere quell’esperienza, sarebbe stata una bellissima opportunità.
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