«Rapita, accusata di essere una terrorista e picchiata»: denunciata per simulazione di reato. Per gli inquirenti la donna non è mai stata vittima di alcuna aggressione. Quanto denunciato a fine maggio era tutta una bugia o la versione ingigantita di un semplice screzio. La donna è la sorella di Abderrahmane e Oussama Khachia, il primo arrestato lo scorso aprile con l’accusa di essere un membro di una cellula terroristica vicina all’Is pronta a colpire in Italia, il secondo espulso dal suolo italiano nel gennaio 2015 per la sua vicinanza espressa attraverso i social alle idee estremiste del Califfato e morto a dicembre dello stesso anno come foreign fighter in Siria.
Nel maggio scorso sono stati espulsi anche i genitori dei due fratelli perché molto vicini alle idee radicali dei figli. Subito dopo la sorella di Abderrahmane e Oussama Khachia aveva denunciato un’aggressione che, da subito, si era rivelata molto strana. Secondo la versione da lei fornita, i fatti sarebbero avvenuti nel pomeriggio del 27 maggio intorno alle 17, non distante dalla casa di Brunello nella quale vive con la famiglia. Stando a una sommaria ricostruzione,
la donna stava percorrendo la strada che l’avrebbe riportata a casa quando, a un certo punto, è sbucata una macchina con a bordo almeno tre individui incappucciati. Uno è sceso dall’auto e con l’aiuto di un complice l’avrebbe trascinata all’interno dell’abitacolo. A quel punto, sempre secondo il suo racconto, dopo averla prelevata, la macchina sarebbe partita a tutto gas, compiendo anche un tratto di strada in contromano. Con la forza avrebbero trattenuto la ragazza, insultandola, definendola una terrorista, e aggredendola fisicamente. Il tutto si sarebbe prolungato per diversi minuti. In una situazione di così grande concitazione e paura, la sorella del presunto terrorista non sarebbe riuscita a riconoscere i propri aggressori. A quel punto la macchina si è fermata e la donna sarebbe stata spinta all’esterno, senza, per fortuna, riportare gravi conseguenze. Lievemente contusa è andata in ospedale dove le hanno riconosciuto delle lievi lesioni e graffi guaribili in 5 giorni.
Di tutto questo, però, gli inquirenti non hanno trovato alcun riscontro. Il medico legale non ha escluso che quei graffi leggeri riportati dalla donna potessero essere auto inferti. Non solo: gli inquirenti, coordinati dal pubblico ministero Annalisa Palomba, hanno visionato i filmati delle telecamere che coprono il per orso descritto dalla donna quale teatro del rapimento e della folle corsa in auto. Non c’è un solo fotogramma che confermi la sua versione. Nessuna immagine del rapimento, nessuna auto sospetta che transita davanti alle telecamere. Sono state controllate anche le targhe delle macchine identificate attraverso i video: nessuna è riconducibile a estremisti anti Islam.
Di fatto le prove raccolte dimostrano che la donna, forse per creare polemica dopo il destino della sua famiglia, forse sfuggire a una situazione certamente pesante facendosi passare come vittima, si è inventata tutto. Adesso risponde dell’accusa di simulazione di reato.