Niente abiti sexy in ComuneE i tradatesi si dividono

TRADATE Lei: quarta di seno generosamente in evidenza, la gonna con l’orlo pericolosamente sopra al ginocchio, sguardo provocante e trucco marcato. Lui: camicia rosa shocking aperta sul petto, bermuda fiorati, infradito e l’espressione dell’uomo che non deve chiedere mai. Sono questi gli identikit dei nemici giurati dell’ente pubblico. Almeno a Tradate. L’impiegata e l’impiegato osé sono stati messi alla berlina dall’ultima circolare interna dell’ente, affissa alla bacheca dei dipendenti del Comune di Tradate. Un richiamo alla moralità, già raccontato da "La Provincia di Varese" un paio di giorni fa, che ora ha spaccato l’opinione pubblica, facendo rapidamente il giro dei giornali di mezza Italia.

La comunicazione, rivolta sia ai maschietti che alle femminucce, chiede per lui pantaloni, maglie e camicie di «sobrio colore», senza stravaganti fantasie che possano dare adito a «criticità di natura comportamentale», oltre un abbigliamento «serio» evitando «abiti molto scollati e gonne esageratamente corte» per lei.  «È troppo esagerato – commenta Linda fuori dal municipio -, non ho mai avuto l’impressione che in Comune ci fossero persone volgari o irrispettose». O, ancora: «Le minigonne vanno bene solo a villa Certosa» ammonisce Marco «Uh, arriva il fondamentalismo occidentale –  gli fa eco Elena – mi pare proprio che stiamo cadendo in un vortice di falso moralismo». Infine Chiara si chiede: «Ma tra i colori sgargianti è compreso anche il verde di certi fazzoletti?». 

Altre persone sono meno critiche nei confronti del discusso provvedimento: «Se si tratta di questioni di decoro sono d’accordo – è l’opinione di Enrico -, un po’ meno si tratta di moralismo di quinta ratio». «Al di là di tutte le divagazioni più che legittime – è invece il parere di Matteo -, scollature e minigonne, oltre a una certa misura, sono richiami sessuali. Sono assolutamente d’accordo a riportare un po’ di "misura" nei posti di lavoro».

Altri ancora fanno qualcosa in più che schierarsi a favore del contenuto della lettera: «Ribaltando la questione – dice Mario – è triste che debba essere l’ente a ricordare ai propri dipendenti che è opportuno vestirsi in un certo modo in un luogo di lavoro. Il Comune è la casa di tutti, ci vuole rispetto per il cittadino e il rispetto passa anche dall’abbigliamento. Nessuno pretende la giacca e la cravatta con 30 gradi all’ombra, ma dalla cravatta alle ciabatte (le ho viste portare da un dipendente comunale, e non in piscina) ci passa un abisso».

Un po’ perplessi i dipendenti comunali, che non vogliono esporsi, ma non lesinano commenti: «Effettivamente qualche situazione limite si è vista – continuano – probabilmente poteva essere risolta diversamente, senza sollevare questo polverone. Manco fossimo qui a fare a gara su chi è il più provocante». Sono in molti quelli che propongono al comune di istituire una divisa: «Fornite un’uniforme ai dipendenti e il problema sarà risolto», occhio però a rivolgersi allo stilista giusto.

b.melazzini

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