Niente sconti a Pegoraro: «Confermate l’ergastolo»

Cardano al Campo - Si è aperto il processo di secondo grado per l’ex vigile che sparò a Laura Prati

– Il sostituto Procuratore di Milano ha chiesto la conferma della condanna all’ergastolo per l’ex agente della Polizia locale che, la mattina del 2 luglio 2013, sparò al sindaco di Cardano al Campo morta dopo venti giorni in ospedale. Ieri mattina, infatti, davanti ai giudici della Corte d’Assise d’Appello di Milano è iniziato il processo di secondo grado dopo il ricorso della difesa contro la sentenza del Gup di Varese con rito abbreviato emessa un anno fa.

Pegoraro è stato condannato in primo grado per omicidio volontario aggravato dalla premeditazione, per il tentato omicidio di , vicesindaco di Cardano al Campo e anche per altri reati, ma il giudice lo ha assolto dall’accusa di tentato omicidio nei confronti dei due poliziotti intervenuti per bloccarlo. E il procuratore ha chiesto ai giudici (presidente ) di riformare su questo punto la sentenza e affermare «la responsabilità penale» anche per questi fatti. L’assoluzione rispetto al capo d’accusa di tentato omicidio contro i due agenti, di fatto, aveva dato forza alla difesa che su quella base ha prodotto il ricorso contro l’accusa di ergastolo formulata in sede di primo grado.

La vicenda è nota. La mattina del 2 luglio 2013 Pegoraro avrebbe agito per rancore nei confronti dell’amministrazione comunale, dopo essere stato sospeso dal servizio in seguito a una condanna per peculato. Dopo aver fatto irruzione nell’ufficio del sindaco sparò a Laura Prati, anche presidente provinciale del Pd, e al suo vice Iametti. Una volta compiuto il blitz gettò un fumogeno nella sede dello Spi-Cgil di Cardano al Campo, fuggì in auto e fu arrestato dagli agenti di polizia del commissariato di Gallarate, coordinati dal dirigente.

Laura Prati, colpita da un aneurisma durante un intervento all’ospedale di Circolo di Varese, morì il 23 luglio. Durante il processo di primo grado al tribunale di Busto, la difesa di Pegoraro puntò sull’assenza di una causa di morte diretta tra gli spari esplosi nell’ufficio del sindaco e l’aneurisma che la colpì in ospedale alcuni giorni dopo la sparatoria. Una tesa, sconfessata alla Procura di Busto, rappresentata dal Pm , e rigettata dal tribunale con la sentenza all’ergastolo. Iametti, invece, riuscì a salvarsi. Un’altra udienza del processo d’appello è già fissata per il 19 aprile.