Il kamikaze sembrava uno di loro e nessuno lo aveva notato: indossava la divisa del liceo, aveva uno zainetto in spalla. Poco prima delle 8 di ieri mattina, in mezzo a centinaia di studenti, sembrava aspettare l’inizio delle lezioni. La deflagrazione dell’esplosivo che portava addosso lo ha fatto a pezzi insieme a decine di ragazzi: 48 sono morti, altri 79 feriti, dilaniati, sono stati portati nel vicino ospedale. Alcuni, dicono i medici, non ce la faranno. Altri vivranno, ma resteranno mutilati.
L’ennesima strage di studenti che porta il marchio dei Boko Haram è avvenuta nel Nord della Nigeria, nel liceo pubblico maschile di Potiskum, capitale economica dello Stato di Yobe: un migliaio di allievi tra i 15 e i 20 anni che continuano a sfidare gli editti contro lo studio imposti a colpi di Kalashnikov dagli integralisti islamici. Che stanno rendendo sempre più sanguinaria la loro campagna contro l’educazione, «colpevole» in quanto tale e in quanto «contaminata» da idee che arrivano dall’Occidente.
«L’educazione occidentale è peccato» è, d’altra parte, il significato letterale di Boko Haram. E se nel 2010 e nel 2011 i miliziani scatenavano i loro attacchi contro le scuole quando erano chiuse, dall’anno scorso sono sempre più frequenti gli assalti in pieno giorno contro gli studenti.
Il numero degli uccisi è in continuo aumento. Il massacro di ieri è il peggiore dall’inizio dell’anno ed è, secondo gli osservatori, l’ennesima dimostrazione dell’impotenza del governo centrale di fronte al cieco fanatismo jihadista.
Il presidente Goodluck Jonathan ha assicurato che la sua amministrazione prenderà i colpevoli «qualunque sia il tempo necessario» ma la popolazione del nord nigeriano, i genitori dei ragazzi uccisi, i sopravvissuti non si fidano più delle sue promesse. Ore dopo l’attentato si aggiravano fuori dalla scuola tra scarpe, zainetti e libri insanguinati. I volti senza più lacrime, lo sguardo rivolto all’ospedale a soli cento metri di distanza dove i medici lottavano per salvare i feriti. Si sentono abbandonati, dicono chiaramente che non ne possono più delle dichiarazioni di condanna, delle parole che «non fermano la violenza e la morte» e lasciano che i giovani vengano strappati alle loro famiglie e al loro futuro.
Sempre a Yobe lo scorso 25 febbraio i Boko Haram avevano compiuto un’altra carneficina: nel cuore della notte avevano dato l’assalto a un collegio appiccando il fuoco in più punti e sparando a caso sugli studenti terrorizzati che fuggivano cercando di salvarsi: 43 ragazzi non ce l’avevano fatta.
Risale ad aprile ed è avvenuta nel vicino Stato di Borno l’azione dei Boko Haram che più ha suscitato emozione e sdegno a livello nazionale e internazionale: allora 276 studentesse adolescenti vennero sequestrate da decine di miliziani piombati sulla loro scuola sparando, a bordo di motociclette, camion e pick up. Sette mesi dopo, 219 di loro sono ancora prigioniere.n