Parità tra euro e franco, conseguenze ancora incerte per gli imprenditori varesini.
«È il momento giusto per rilanciare la Zona Economica Speciale» l’appello del consulente legale di Confcommercio Varese, Antonio Chierichetti. Ma la proposta di legge varata da Regione Lombardia si è impantanata nei meandri delle commissioni parlamentari.
Il mondo economico varesino guarda con grande attenzione alle conseguenze che potrebbero derivare dalla nuova situazione venutasi a creare con il cambio tra euro e franco che, dopo lo “sblocco” della soglia imposta dalla Banca Nazionale Svizzera, si sta stabilizzando al livello di parità, uno a uno.
«Aspettiamo un assestamento, è ancora presto per giudicare le ricadute di questa novità» spiega Riccardo Comerio, imprenditore bustocco, presidente del consorzio Provex della Camera di Commercio di Varese.
I potenziali vantaggi per l’export varesino, che vede la Svizzera come uno dei propri partner commerciali più forti (359 milioni di euro nei primi nove mesi del 2014, quinto Paese), sono ancora tutti da verificare: «Dipende da settore a settore – per Comerio – in quello delle macchine utensili ad esempio c’è
da considerare che una quota di subfornitura viene svolta proprio in Svizzera».
Il che potrebbe far supporre che eventuali maggiori esportazioni verso la Confederazione, stimolate dal “franco forte”, potrebbero essere compensate dai maggiori costi delle subforniture. Così serve una reazione. «Sarebbe il momento ideale per rilanciare il progetto della Zona Economica Speciale nei territori lombardi di confine – l’appello di Antonio Chierichetti, docente di diritto amministrativo al Politecnico di Milano e consulente legale della Confcommercio di Varese – C’è una proposta di legge di iniziativa regionale assegnata in commissione finanze alla Camera e al Senato, ma non è ancora entrata in discussione».
«Eppure in questo momento potrebbe essere richiesta anche a titolo di compensazione per il territorio rispetto alla penalizzazione di fatto subita in seguito al ridimensionamento di Malpensa. Purtroppo però, se i politici calabresi sono tutti schierati a favore dell’analoga Zes di Gioia Tauro, quelli lombardi nicchiano».
Il testo trasmesso da Regione Lombardia nel mese di luglio risulta assegnato “in sede referente” alla commissione finanze del Senato il 23 settembre e a quella della Camera il 26 settembre. Ma in entrambi i rami del parlamento la discussione sulla proposta di legge non è ancora iniziata. D’altra parte anche la Zes calabrese è ferma ai box ormai da tempo.
«La cosa assurda – spiega Antonio Chierichetti – è che in Polonia, l’ho visto personalmente a Katowice, le nostre imprese vanno ad investire nelle Zes. Si tratta di zone cuscinetto in cui le agevolazioni fiscali e burocratiche consentono di fare, da un lato, da diga rispetto alla fuga delle aziende esistenti all’estero, nel nostro caso in Svizzera, dall’altro, da calamita per attirare nuove imprese in un periodo in cui il “reshoring” dall’Est Europa o dall’Oriente è molto in voga». E se il territorio di riferimento della Zes è quello della fascia dei 20 chilometri dal confine (come lo sconto benzina), «non si tratta di un regalo ad una zona degradata, ma servirebbe a dare slancio all’intera economia lombarda, che ne beneficerebbe con l’indotto, i servizi e le subforniture».
Lo scoglio? I costi, ovviamente. Anche se il consulente di Confcommercio è pronto a scommettere che i benefici ripagherebbero il mancato gettito delle agevolazioni.
Nella relazione tecnica depositata a Montecitorio, si legge infatti che «il contributo richiesto direttamente all’erario per sostenere la misura avrebbe un effetto reale limitatamente alla parte relativa alle agevolazioni destinate alle imprese esistenti, pari a circa 1,4 miliardi di euro per i primi cinque anni e circa 900 milioni di euro nei rimanenti tre anni». Il sistema Varese saprà fare squadra stavolta?