Miraggio Svizzera, imprenditori in fuga dall’Italia. Fisco e burocrazia insopportabili fanno crescere la voglia di delocalizzare.
«Se qui da noi fare impresa costasse come in Ticino, lì non ci andrebbe nessuno e noi cresceremmo ai livelli della Cina» l’amara considerazione del commissario di villa Recalcati , intervenuto alla festa provinciale della Lega Nord dove si è parlato del rapporto tra Lombardia e Svizzera.
Il motivo per cui gli imprenditori del Varesotto guardano al “trasloco” oltre confine lo sintetizza bene , ex parlamentare della Confederazione: «Non sono solo le aliquote fiscali ad attrarre, ma le condizioni-quadro. Ad esempio, la Guardia di Finanza non ha poteri di polizia e il Fisco, se vuole fare dei controlli, deve chiedere un appuntamento in azienda. Poi se c’è un problema, si discute e lo si risolve».
È anche un ex senatore della Repubblica come , imprenditore, ad ammettere la tentazione di spostare parte dell’attività oltre frontiera: «Conviene attaccarsi allo scoglio svizzero, per tenere il piede in due scarpe, aspettando di vedere se l’Italia crolla. Ho tre figli e oltre confine vedo una prospettiva».
Vedani racconta della sua esperienza con Equitalia, costatagli più in parcelle degli avvocati, per dimostrare le sue ragioni dopo aver subito un accertamento fiscale, che nell’ammenda che alla fine ha dovuto pagare: «Qui ho uno Stato che è nemico e bastardo, mentre in Svizzera è amico, dato che incentiva e premia chi produce».
La sfiducia verso il modello italiano pesa più della crisi economica. Lo testimonia , imprenditore che dopo aver lasciato le sue attività in Lombardia, soffocato da fisco e burocrazia, due anni fa ha deciso di delocalizzare a Lugano.
«Mi spiace non credere più nell’Italia, ma in Ticino la politica e la burocrazia sono vicine a chi vuole investire – racconta – poi nemmeno oltre confine è tutto oro quel che luccica, perché la vita costa molto e il mercato è difficile. Ma non tornerei indietro».
, sindaco di frontiera a Viggiù, vive sulla sua pelle la differenza tra i due sistemi amministrativi: «Facciamo figure da cioccolatai e passiamo per “sfigati” perché in Comune siamo senza risorse e non possiamo fare quasi niente». I frontalieri sono l’altra faccia della medaglia: il Ticino in questo caso è una «valvola di sfogo», come sottolinea Dario Galli, per sopperire alla crisi occupazionale che colpisce il Varesotto.
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