La frase “Muor giovane colui ch’al Cielo è caro” non mi ha mai convinto. Mi è sempre sembrata una consolazione ipocrita per provare a
lenire un dolore che non sarà mai colmato. Perché, diciamocelo chiaramente, quando perdiamo una persona che amiamo vivremo il resto della nostra vita con un vuoto dentro. Un vuoto che può essere colmato solo dalla gratitudine e dalla constatazione del fatto che siamo stati fortunati ad aver incontrato queste persone. Le quali, se generano un vuoto, significa che finché ci sono state hanno riempito la nostra vita.
Oggi ricorre un anno dalla scomparsa di Andrea. Lo cito solo per nome, perché lui è stato, ed è ancora, simbolo di tante battaglie. Spesso “usato”, perché fa sempre comodo sfruttare chi ha la passione e la generosità nel sangue.
Ma poco gli importava, lui andava avanti per la sua strada. Lo cito solo per nome perché qui voglio ricordare l’amico, non il personaggio pubblico. L’amico con cui ho avuto incomprensioni, fortunatamente risolte poco prima della sua scomparsa. Poco meno di un mese fa avrei dovuto scrivere altre parole per un altro amico (sarebbe stato il suo compleanno), scomparso anche lui prematuramente.
Ancor più di Andrea, perché Walter aveva solo 25 anni quando ha finito la sua lotta contro un gravissimo male. Era il mio migliore amico e la sua morte, probabilmente, ha rappresentato la linea di demarcazione tra la fine della mia giovinezza e l’inizio dell’età adulta. L’ingresso nel mondo reale, fatto di gioie e dolori, lontano da quella sorta di idillio che era l’infanzia. Ammiro, e invidio, chi ha nel cuore la Fede. E sente che la morte non è la fine, ma un nuovo inizio.
Non credo che l’uomo sia solo materia, credo nell’esistenza dell’anima e del divino, con tutti i dubbi e i timori di un agnostico che cerca di credere. Voglio ricordare le parole che mi disse il padre di Walter poco prima della fine. Più o meno (sono passati oltre nove anni) erano così: «In ogni caso, non posso credere che tutto quello che è stato il nostro Walterone finisca in niente».
Credo che abbiamo il dovere di ricordare chi ci è stato per noi e oggi non c’è più. Siamo uomini. Siamo memoria.