Dozzine di mezzi pesanti che sfrecciavano per le strade, poi arrivato in ufficio la scoperta: una bomba scoppiata a nemmeno 500 metri di distanza, all’interno della stazione della metropolitana di Maelbeek. è un 41enne gallaratese che vive a Bruxelles, dove lavora in un ufficio del consiglio dell’Unione europea. E racconta a La Provincia di Varese la giornata della capitale belga, scossa dagli attentati all’aeroporto Zaventem e quindi alla metro. Attacchi rivendicati dall’Isis il cui bilancio, mentre scriviamo, è di 34 persone morte e più di 230 feriti.
«Verso le 8.30 abbiamo visto dozzine di mezzi blindati e dei corpi speciali sfrecciare per le strade e abbiamo capito che qualcosa di grosso era successo». Chiaretta vive a poche decine di metri dall’ufficio, dove si reca a piedi.
«Sono arrivato al lavoro alle 9.05, sapevo di quello che era successo all’aeroporto – racconta – perché mi aveva avvisato mia madre, che dall’Italia sapeva addirittura più di me». Una volta al computer «ho letto anche della bomba nella fermata della metro»,
che si trova a circa 500 metri dal suo ufficio, «anche se in realtà non ho sentito l’esplosione». Quindi ha utilizzato il Safety check, servizio attivato da Facebook anche in occasione degli attentati di Parigi del 13 novembre, per comunicare a tutti i suoi amici che stava bene. «Il livello di allerta è stato alzato ad arancione, hanno bloccato le entrate e le uscite dagli edifici UE, tutti i meeting sono stati annullati». La polizia federale ha anche chiuso le vie d’accesso alla stazione teatro dell’attacco.
Lo stesso governo belga ha diffuso un appello, nelle ore immediatamente successive alle due esplosioni, invitando la popolazione ad evitare di uscire di casa. Mentre nel primo pomeriggio i media locali hanno deciso di smettere di diffondere notizie sulle operazioni della polizia in corso, per evitare di fornire indicazioni utili alle persone ricercate dagli agenti.
Una giornata di terrore che arriva dopo che la scorsa settimana la polizia ha bloccato un quartiere per arrestare , uno degli organizzatori degli attacchi che l’autunno scorso hanno colpito la capitale francese. «In realtà i media stranieri hanno molto esagerato – spiega Chiaretta – hanno bloccato la strada dove hanno fatto irruzione per evitare che altre persone venissero inavvertitamente coinvolte».
All’indomani dell’arresto, «diversi ministri avevano detto che erano a conoscenza del rischio di possibili ritorsioni». Ma il clima, per le strade, era «tranquillo»: nel senso che «alla fine dopo tre mesi ci si abitua a vedere militari in mimetica e con i fucili in spalla ad ogni angolo di strada». Nella zona in cui si trovano gli edifici dell’UE «tutti gli ingressi sono piantonati dall’esercito».
E come si sente questo gallaratese dopo gli attacchi che hanno scosso il Belgio e l’intera Europa? «Sono triste per le persone morte negli attacchi – spiega – ma sono anche incazzato perché questa gente, i terroristi, ci toglie la libertà di poter andare in giro per strada e non fare altro che vivere la nostra vita quotidiana».
Detto altrimenti, «se faranno come a novembre, quando per due settimane hanno bloccato tutti i cinema e i concerti, chiuso le palestre e i centri sportivi, significherà che hanno comunque vinto loro».