Doveva debuttare questa settimana al teatro Bolshoi di Mosca, più precisamente l’11 luglio, la prima mondiale del balletto “Nureyev”, lo spettacolo omaggio all’etoile che è stato, ed è ancora, una leggenda della danza. Ballerini pronti, con le ultime prove generali e l’emozione di portare in scena la vita e l’arte di questo straordinario artista, finalmente libero di raccontarsi attraverso piedi che danzano sulle sue orme. Finalmente nella sua Russia. Ma tutto è stato interrotto, a quanto pare, dal Ministero della Cultura russo che ha annullato lo spettacolo, accusato di violare la controversa legge che vieta “la propaganda omosessuale ai minori”. Il regista e drammaturgo dello spettacolo, Kirill Serebrennikov, perquisito ed indagato dalle autorità con l’accusa di frode, aveva già denunciato più volte la tragica censura dell’arte nel suo paese. C’entrerà qualcosa?
Nureyev: bello, sfrontato, anticonformista. Era un fuoriclasse della classica e della vita, ballerino dal carattere difficile e dal temperamento ribelle che ai russi proprio non andava giù. Era un personaggio scomodo. E, a quanto pare, lo è ancora. Era solo agli inizi della sua brillante carriera quando nel 1961 arrivò a Parigi per sostituire il primo ballerino del Kirov Konstantin Sergeyev. In poco tempo, portò sul palco il genio e l’espressività emozionale che mancava anche ai grandi.
Mentre i muri tra occidente e oriente crescevano, per Nureyev cominciava la salita verso il successo. Rudolf non conosceva barriere, né nella danza né nelle relazioni interpersonali.
Usciva e frequentava tranquillamente i parigini, gli stranieri, disubbidendo sfacciatamente alle autorità russe che controllavano e condannavano i suoi comportamenti. Quello che l’arte e la danza stava unendo, la Russia lo voleva dividere. Ma non ci riuscì. Il 16 giugno all’aeroporto parigino di Le Bourget, Nureyev defezionò: non rivedrà più la Russia fino al 1987. Restò quindi a Parigi, selvaggio e indomabile nella danza come nella vita, libero così come deve (o dovrebbe) essere ogni forma di espressione d’arte.
E d’amore. E a proposito d’amore: l’incontro che cambiò la sua vita, sia professionale che privata, avvenne in Danimarca, dove riuscì finalmente a conoscere il famoso ballerino Erik Bruhn. Bruhn, di dieci anni più grande e con una consolidata carriera alle spalle, divenne il maestro di Nureyev, suo amico ed amante. Rudolf capriccioso e senza regole, Erik disciplinato e perfezionista: iniziò così un connubio perfetto, un’attrazione tra due opposti che avrebbe portato all’apice una stella. Il loro amore, ovviamente, non poteva essere reso pubblico.
Mentre Bruhn affinava le tecniche del suo allievo e lo portava alla perfezione, Rudolf portava nella sua vita nuova energia e linfa vitale, elementi sfocati dall’età, ritenuta già avanzata per un ballerino.
L’allievo superò il maestro.
La storia durò finché le loro vite non presero strade diverse, diverse ambizioni e priorità.
Nureyev era ormai una star: era la danza, l’icona del XX secolo. A nulla valsero le lettere che Bruhn gli inviò: avrebbe anche rinunciato alla danza per lui. Ma per Nureyev la danza e la vita privata erano una cosa sola e si nutrivano di libertà e di passione, una passione che solo la malattia, nel gennaio del 1993, avrebbe fermato. Tutto questo, l’amore, la danza e la provocazione, sarebbero stati i protagonisti dello spettacolo appena annullato al Bolshoi. Ancora una volta, la Russia ha paura di Nureyev e di quello che la sua persona, immortale, rappresenta: la libertà di espressione dell’arte e della vita. Raccontiamola altrove la favola che il nudo e l’omosessualità a teatro spaventano i bambini. I bambini sono più spaventati da altro.
Siamo nel 2017, ma è come se l’orologio fosse tornato a quel 16 giugno. È una sfida che va avanti da sempre, quella tra Rudolf e la sua Russia, quella tra il figlio ribelle e la madrepatria che lo ripudia perché scavalca i muri e i pregiudizi. Ti hanno tradito ancora una volta, e ancora una volta hai vinto: perché il tuo carisma immortale non ha bisogno di un palco.