– Non ci sono rinvii. Non ci sono appelli. Sono banditi i rimandi. Non esiste il giorno dopo. C’è l’adesso con tutto il suo fascino, ma con dentro pure la tensione dell’attesa di un verdetto che ti mangia lo stomaco. per conquistarsi il premio di una salvezza costruita, modellata, puntellata in soli tre mesi e mezzo pur avendone a disposizione nove.
Il traguardo di un gruppo di onesti che, una volta liberato dall’aria putrida che lo stava soffocando, ha dimostrato nei fatti che sul campo aveva ed ha valori tecnici che gli hanno permesso di arrivare(legittimamente) al quart’ultimo posto. Che in quello spogliatoio nell’animo di ciascuno dei suoi inquilini c’era e c’è pulizia, la consapevolezza che solo con la lealtà sportiva si arriva ai risultati e l’entusiasmo di chi ha coronato un sogno da bambino: fare il calciatore.
Giocare a pallone in uno stadio vero.
C’è la gioia dei Taino e dei Giorno che sono cresciuti a pallone e Pro Patria; indossato quella maglia biancoblù quando ancora erano dei bimbetti. Che hanno fatto i raccattapalle allo Speroni immaginando il giorno in cui sarebbero stati loro in campo. Chissà quante volte se lo sono visto e rivisto nella loro mente e pensato «quando toccherà a me?». Quel giorno è arrivato da qualche anno per loro, ma oggi è uno speciale per entrambi. Non che sia diverso per tutti gli altri, a cominciare da capitan Serafini(ormai un veterano biancoblù), ma per chi non ha avuto altra maglia s’impenna la voglia di difenderla. Non ha misura la determinazione di tenersela stretta. Di salvarla. Di baciarla.
È il sabato degli uomini veri, come sempre lo sono stati tutti in questa sciagurata stagione. Sia quando hanno riportato su la Pro, ma soprattutto quando hanno dovuto subire angherie, ingiustizie e, perché no, anche soprusi. È il sabato del villaggio biancoblù che vuole vestirsi a festa coi suoi abitanti che ben conoscono anche le difficoltà, i pericoli e le trappole. Chi sta sugli spalti ad incitare è già passato attraverso esperienze buie che si chiamano, Verona, Padova e Pergocrema. Lo sentono sulla propria pelle, lo stomaco si stringe ed il respiro si trasforma in affanno quando i brutti pensieri vengono a galla. Li scacciano, ma non possono eliminarli.
Tutti sanno che ci sarà da lottare per avere ragione di una squadra che al fischio d’inizio parte con un giro di vantaggio in virtù della vittoria dell’andata. Serviranno intelligenza ed agonismo. Un sottile equilibrio per rimettere le lancette dell’orologio al loro posto, ma attenti nel non trovarsele rotte. Un mix composto dalla giusta intenzione di avere l’iniziativa, di andare all’attacco, ma pure la capacità di ragionare per non lasciarsi assalire dall’ansia ed infilare dai bresciani. Ci vorrà una Pro Patria al top.
La settimana è trascorsa in un clima costruttivo dopo il ciclone del calcio scommesse che aveva investito quella passata. Mister Montanari ha potuto lavorare facendo leva su tutto il gruppo, preparando delle soluzioni che possano scardinare il probabile fortino biancoblù. Non sono da escludere sorprese con una Pro schierata a quattro punte oppure ancora la stessa Pro con i tre centrocampisti ed i tre attaccanti. E qui potrebbe essere Baclet la novità di giornata per sfruttare la sua forza fisica, il suo tiro al fulmicotone ed il suo stato di forma. Contro la fisicità della retroguardia bresciana serve appunto potenza oltre che tecnica e rapidità di movimento per sorprenderla.
Servirà il cuore dentro il campo e fuori dal campo. È indispensabile la passione di chi deve sostenere sempre e comunque ed il richiamo alle energie nascoste di chi gioca. E solo il battito di quel muscolo le aiuta a trovare. È il giorno più lungo ed anche il più sofferto. È il giorno da vivere fino in fondo senza se e senza ma. È il giorno da vivere da tigrotto. IL giorno di colui che vive il presente e da sempre a testa alta.