OLGIATE OLONA La troupe de “la Vita in Diretta” è arrivata ieri in mattinata a Olgiate Olona: tre camion della Rai si sono appostati dietro al distributore di via Per Fagnano dove lo scorso 3 gennaio Salvatore Musarra Tubbi fu ferito nel corso di una rapina a mano armata.
La diretta è iniziata alle 18; in studio Marco Liorni è tornato a parlare di rapine cruente; di malviventi che non esitano a colpire e a uccidere per pochi euro. Pochi giorni fa una gioielliera di Nuoro ha rischiato la vita: due rapinatori gli hanno puntato la pistola alla testa per farsi aprire il caveau. Le immagini riprese dalle telecamere di videosorveglianze sono state diffuse dalla squadra mobile della Polizia di Stato che si attende ora una collaborazione da parte di tutta la popolazione.
«Ero terrorizzata – racconta la donna dallo studio – dopo 10 giorni non sono ancora riuscita ad aprire il negozio. Ho provato a calmarli, non so come avrei reagito se avessi avuto un’arma». Lo scorso 18 novembre Francesco Zoppello, 49 anni, gestore di un impianto di benzina nel vicentino, è rimasto ucciso reagendo alla minaccia di un malvivente armato di coltello, che lo ha colpito con tre fendenti, due dei quali al cuore, mortali. L’assassino è
stato arrestato poche ore dopo grazie alle immagini delle telecamere della stazione di servizio. Gli occhi elettronici risultano strumenti utili alle indagini ma poi, le pene comminate ai malviventi restano «esigue». E il rischio è che si ricorra alla giustizia privata. Musarra Tubbi ha seguito le storie dei suoi colleghi dalla sua pompa di benzina. Guardando da lontano le immagini del benzinaio di Thiene, non può che sentirsi fortunato.
«Ho scampato 5 colpi di pistola. Poteva succedere il peggio, sono un miracolato», ha detto all’inviato Rai che lo intervistava. Nel febbraio 2010 a Gorla Minore il collega Angelo Canavesi era stato ucciso nel gabbiotto del suo distributore per poche centinaia di euro. Dallo studio Marco Liorni elogia il coraggio del commerciante olgiatese che reagì, certo, ma per mettere in salvo moglie e figlia. «Stavo per chiudere, ero appena entrato nel gabbiotto – racconta Tubbi – il rapinatore mi ha puntato una pistola alla spalla e io ho pensato solo a difendere mia moglie e mia figlia che erano dietro la scrivania».
Come si vede dalle immagini di quel tardo pomeriggio del 3 gennaio, il benzinaio riuscì a trascinare i due malviventi fuori dall’ufficio, con forza e determinazione. Le telecamere hanno ripreso anche all’esterno, quando i due continuano a sparare, trafiggendolo alla spalla e alla gamba. Tubbi mostra alle telecamere il piede, non ancora guarito al 100 per cento e i segni lasciati dai proiettili ancora ben visibili. I microfoni tornano poi a Roma dove si dibatte di giustizia e di pene spesso troppo lievi nel caso di rapina a mano armata. Tra gli ospiti della puntata c’è Luciano Garofano, l’ ex comandante dei Ris di Parma che invita a non farsi giustizia da soli: «Meno male che non era armato – commenta dallo studio – sconsiglio di avere armi perché si rischia di provocare una reazione peggiore». Al contrario è necessario, «investire sulle forze dell’ordine, chiedere pene certe». Mentre il giornalista Roberto Poletti non è dello stesso parere: «Se lo Stato è insesistente, capisco chi reagisce». Musarra Tubbi riferisce di avere il porto d’armi ma di non avere portato la pistola sul posto di lavoro: «Non dobbiamo difenderci da soli, è lo Stato che deve farlo, eppure ci sentiamo abbandonati. Per questo chiediamo un ruolo più incisivo delle forze dell’ordine. Altrimenti se dobbiamo diventare sceriffi, fatecelo sapere». Il suo caso si è concluso con la condanna dei rapinatori a 4 anni e 5 mesi e a 4 anni di galera.
Valeria Arini
j.bianchi
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