Il crimine che ha sconvolto Magenta e Parabiago si arricchisce di dettagli sempre più inquietanti, portando alla luce una storia di premeditazione e crudeltà che il pubblico ministero della Procura di Busto Arsizio, Ciro Caramore, ha definito «un delitto di eccezionale gravità». Secondo una prima ricostruzione, nel pomeriggio di venerdì, Adilma Pereira Carneiro si trovava insieme al compagno Fabio Ravasio nel punto Mail Boxes Etc. di Magenta. Le telecamere di sorveglianza avrebbero ripreso la donna mentre osservava attentamente il negozio, probabilmente per verificare il momento esatto in cui Ravasio avrebbe chiuso l’attività e si sarebbe diretto verso Parabiago in bicicletta. Questo dettaglio alimenta l’ipotesi che Adilma stesse coordinando un piano omicida, servendosi dei suoi complici per eliminare il compagno.
Le mosse calcolate dei complici
Il piano, orchestrato con precisione, prevedeva il coinvolgimento di più persone: alcuni complici erano incaricati di avvistare la vittima lungo il percorso, mentre altri, a bordo di una Opel Corsa intestata ad Adilma, avrebbero dovuto investire Ravasio in via Vela, lungo la Provinciale 149. Questo punto è cruciale nella dinamica dell’omicidio, avvenuto al confine tra Casorezzo e Parabiago. Il pubblico ministero Caramore ha descritto l’operazione come caratterizzata da un’«assoluta e per certi versi incredibile facilità e spregiudicatezza», sottolineando la pericolosità dei protagonisti coinvolti.
Il fermo e le prime confessioni
Venerdì scorso, la situazione si è rapidamente evoluta quando le autorità hanno rinvenuto la Opel Corsa e raccolto le prime confessioni. Di fronte alle prove e alle ammissioni, è stato disposto il fermo di Adilma e dei cinque complici. Questi ultimi, si scopre, l’avevano aiutata a sbarazzarsi di un compagno che per lei era diventato un ostacolo, la cui morte avrebbe dovuto portare a tutti un guadagno economico.
Gli interrogatori di garanzia
Oggi, lunedì 26 agosto, Adilma Pereira Carneiro, già ribattezzata la “mantide brasiliana”, e i suoi complici compariranno davanti al giudice per le indagini preliminari per affrontare gli interrogatori di garanzia. Il rischio di fuga è concreto, soprattutto per Adilma, che possiede sia un passaporto italiano che uno brasiliano. È improbabile che possa tornare in libertà, data la gravità del crimine e il pericolo che rappresenta. Tuttavia, l’attenzione sarà puntata su come i complici si comporteranno davanti al giudice: confermeranno le loro versioni originali o cercheranno di addossare le colpe agli altri per attenuare le proprie responsabilità in vista del processo?
Il caso è destinato a far parlare ancora molto, con un intreccio di crudeltà e spregiudicatezza che lascia sgomenta la comunità e richiede un rigoroso intervento della giustizia.