Tra il tasto play e la prima nota di One More Light Live c’è un mondo.
C’è in mezzo un album – l’ultimo – criticato e osannato, una svolta musicale che dal nu-metal più duro e puro ha lasciato spazio al pop contemporaneo con frecciate rap e hip-hop, c’è in mezzo un tour mondiale incredibile, “il migliore di sempre”, ci sono di mezzo l’Argentina, il Cile, il Perù, il Brasile, l’Europa e l’Italia, Monza e poi Birmingham, ma soprattutto c’è di mezzo il 20 luglio 2017, c’è di mezzo , la sua morte,
l’iniziale tremendo silenzio dei Linkin Park, c’è di mezzo l’oceano di messaggi di cordoglio, le centinaia di omaggi di artisti di tutti i generi in ogni parte del mondo, c’è di mezzo lo spulcio della sua vita personale, gli abusi, le droghe, la depressione, le discese, le cadute, i sorrisi, Talinda, i sei figli, le risalite, c’è di mezzo il concerto del 27 ottobre all’Hollywood Bowl di Los Angeles in onore dell’uomo-artista, c’è di mezzo l’annuncio di una raccolta di brani live dell’ultimo tour, c’è di mezzo la straziante consapevolezza della fine dei Linkin Park.
Tra il play e la musica c’è in mezzo una vita. Quella stessa che Chester Bennington ha messo in parole e note lungo una carriera e che i sedici brani live della raccolta descrivono, dando un’idea di chi era e resterà il frontman dei Linkin Park. Perché la morte di un cantante o di un artista fa, anche, questo: amplifica ed esalta una carriera. Ma Chester non lo si scopre adesso, non lo si può conoscere solo ora che ha abbandonato questo palco.
Perché fin dagli esordi la sua è stata una penna onesta, intima, profonda, capace di aprire le porte di un’anima entusiasta, sorridente, esuberante, divertente e divertita ma anche un’anima tormentata e fragile nonostante gli scream, i tatuaggi e il rock esuberante, un’anima sempre in equilibrio sul ciglio del baratro.
E One More Light Live è la cristallizzazione eterna di un grandissimo detective dell’io. One More Light Live non sono i Linkin Park, è ovvio, è naturale, è così: i sedici brani sono e resteranno Chester Bennington, il suo lascito, un’autobiografia sincera e senza bugie.
Già, perché in mezzo ai brani di One More Light Live c’è l’euforia di Bleed It Out, c’è la carica di New Divide, la grinta di In The End, diventata colonna sonora di generazioni. Ma dietro alla “facciata” rock e spaccona c’è la carezza: agli amici, ai fan, a se stesso. C’è la capacità di scrivere e di scriversi con una trasparenza disarmante, c’è la coscienza che ogni parola sputata da quel microfono, oggi, assume un altro peso, un altro significato. C’è la paura che Nobody Can Save Me fosse un grido d’aiuto. “I’m dancing with my demons, I’m hanging off the edge, storm clouds gather beneath me” (“sto ballando con i miei demoni, sono appeso al bordo, nuvole tempestose si accumulano sotto di me”): ha forse provato a parlarci? Noi l’abbiamo ascoltato? Si poteva fare qualcosa?
C’è il pesante pugno allo stomaco di Heavy, con quell’inciso “I wanna let go but there’s comfort in the panic” (“Voglio lasciar andare, ma c’è conforto nel panico”) che fa rabbrividire. C’è One More Light, scritta da Mike Shinoda per un’amica scomparsa, dedicata poi ad un altro amico scomparso, Chris Cornell, e che, oggi, diventa l’epigrafe perfetta per amici, band, fan, universo. “Just ’cause you can’t see it, doesn’t mean it isn’t there” (“Solo perché non puoi vederlo non significa non sia lì”).
E c’è il punto più alto (e più duro) dell’intera raccolta. C’è l’agonia di Crawling, lo strazio per quelle ferite che non guariranno mai (“These wounds they will not heal”), la delicatezza del piano al posto del casino, l’intimità di una confessione sussurrata in mezzo all’abbraccio di 80 mila persone.
One More Light Live è un’avvolgente esperienza musicale e umana, così come i Linkin Park stessi. Perchè, i Linkin Park e Chester Bennington, non si possono (ri)scoprire solo adesso. (Ri)sentire la voce del frontman che ringrazia il pubblico e i fan riporta lì, sotto tutti quei palchi, e riporta a Monza, in un abbraccio infinito ed eterno sotto un cielo di un milione di stelle.
Che cos’è dunque One More Light Live? Forse il testamento che Chester Bennington ha voluto lasciare, sempre alla sua maniera, tra forte e piano, urla e carezze, rock, salti e lacrime. Probabilmente è un calcio nei denti per il mondo della musica.
Di certo, One More Light Live è l’ultimo concerto dei Linkin Park. Il più bello.